Nonostante i principali sintomi del nuovo virus pandemico SARS-Cov2 (COVID-19) siano a livello respiratorio e gastrointestinale, anche il senso del gusto e olfattivo sembrerebbero essere coinvolti seppur in misura minore.
Lo riporta Massimo Galli dell’Ospedale “Sacco” di Milano il quale, assieme ai suoi colleghi Andrea Giacomelli, Spinello Antinori e Stefano Rusconi, ha pubblicato sulla rivista Clinical Infectious Diseases i risultati di uno studio condotto su 59 pazienti positivi e ospedalizzati.
L’indagine, condotta presso il Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco, è stata portata a termine anche grazie al contributo di giovani specializzandi e medici impegnati quotidianamente nel fronteggiare le tragiche conseguenze della pandemia.
Lo studio dimostra che disturbi di olfatto e gusto sono molto frequenti nella COVID-19, interessando circa un paziente su tre. I disturbi sono spesso riportati già in fase precoce di malattia e consistono principalmente in alterazioni del gusto e colpiscono particolarmente i giovani e il genere femminile.
I ricercatori suggeriscono come in un contesto pandemico e in soggetti con sintomatologia lieve-moderata che non necessitino di ospedalizzazione la presenza di tali sintomi possa essere un prezioso indicatore per i pazienti paucisintomatici meritevoli di ulteriori approfondimenti diagnostici.
Ecco quanto è emerso:
· 20 (33.9%) hanno riportato almeno un disturbo al gusto o all’olfatto, 11 (18.6%) ad entrambi
· 12 (20.3%) presentavano i sintomi già prima del ricovero, 8 (13.5%) durante l’ospedalizzazione
· l’alterazione del gusto è più frequente (91%) prima dell’ospedalizzazione per allinearsi con quella all’olfatto in seguito
· le donne hanno riportato alterazioni olfattive più frequentemente degli uomini [10/19 (52.6%) versus 10/40 (25%), P=0.036]
· in generale, pazienti con almeno un disturbo olfattivo erano più giovani di quelli senza tale sintomatologia (Inter Quartile Range (IQR) 47-60) versus 66 (IQR 52-77), P=0.035]
La correlazione tra infezione virale e alterazioni olfattive e nel senso del gusto si spiegherebbero con il meccanismo di penetrazione del virus. SARS-CoV-2 infatti si lega all’enzima ACE2 (angiotensin converting enzyme 2 receptor), ampiamente espresso nelle cellule epiteliali della mucosa della cavità orale alterandone la funzionalità.
Considerato tuttavia il ridotto numero di pazienti inclusi rispetto all’elevata diffusione del coronavirus, ulteriori approfondimenti sono necessari al fine di considerare anche questa sintomatologia, seppur minore, tra i test di screening.
«Ho ricevuto in questi giorni – ha commentato Massimo Galli – decine di mail di persone che stanno a casa e che hanno manifestato questi disturbi anche come unico sintomo di qualche rilievo. Non siamo ancora in grado di dire nulla rispetto alla possibile durata di queste alterazioni. Ringraziamo anche i numerosi colleghi che ci hanno segnalato dagli altri ospedali e dal territorio un inusuale incremento di queste particolari condizioni».