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Covid-19 e test sierologico: alta percentuale tra gli operatori sanitari. Lo rivela studio italiano

Elevata incidenza di positivi al test immunologico tra il personale sanitario. È quanto emerge da uno studio condotto all'Ospedale IRCCS Burlo Garofalo di Trieste.

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Alta incidenza di positivi al test immunologico tra il personale sanitario. È quanto emerge da uno studio pubblicato come pre-print sulla piattaforma medRxiv effettuato tra medici e infermieri dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste utilizzando una combinazione di test immunologici e tamponi per SARS-CoV-2.

La rapida diffusione del nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) è diventata una minaccia globale che colpisce innanzitutto il sistema sanitario. In Italia, c’è un continuo aumento di casi confermati di COVID 19 e di decessi che richiede la necessità di adottare misure di controllo. Secondo gli autori dell’indagine, per una corretta gestione dell’emergenza epidemiologica è fondamentale la sistematica esecuzione di test sistematici nella popolazione generale.

Test sierologico e medici: cosa dice lo studio italiano

Presso l’Ospedale di Trieste è stato effettuato uno studio condotto su 727 dipendenti testati sia con il tampone (rinofaringeo e orofaringeo) sia con il test sierologico.

I soggetti arruolati sono stati divisi in tre categorie di rischio (alta, media e bassa) in base alla loro attività lavorativa. Soltanto un dipendente è risultato positivo al test del tampone mentre il 17,2% della coorte è risultato positivo al test sierologico per SARS- COV 2. I risultati hanno evidenziato che la presenza di anticorpi positivi è significativamente associata all’occupazione ad alto e medio rischio di esposizione (valore p = 0,026) nonché ai sintomi del raffreddore e della congiuntivite (valore p = 0,016 e 0,042 rispettivamente).

Inoltre, tra gli operatori sanitari, la categoria dei medici ha mostrato una significativa associazione con la presenza di anticorpi contro SARS-CoV-2 (valore p = 0,0127).

È stata inoltre rilevata una rapida diminuzione dell’intensità dell’anticorpo tra due valutazioni eseguite in un periodo di tempo molto breve (valore p = 0,009).

Il 21,7% dei positivi, ha riferito l’assenza di segni e sintomi negli ultimi tre mesi e quindi asintomatici. Tra i sintomi segnalati, è stata trovata una associazione significativa per rinite e congiuntivite mentre meno significative sono risultate le mialgie. Nessuna correlazione sulla vaccinazione antinfluenzale nella stagione 2019/2020.

I dati sono in accordo con quelli recentemente comunicati alla stampa (15 aprile 2020) per il comune di Robbio Lomellina (Lombardia, Italia) (100 positivi su 910 = 11%). Anche i risultati preliminari di uno studio tedesco hanno riportato la presenza di anticorpi SARS-CoV-2 nella popolazione di Gangelt, un comune di circa 12.000 persone che dimostra che il 14% della popolazione è immune al SARS-CoV-2.

Questo studio, in conclusione, da un lato ci fa comprendere l’alta prevalenza di soggetti immuni – presenza di anticorpi contro SARS-CoV-2 nel 17,2% dei soggetti (categorie a rischio) tra il personale sanitario, dall’altro sottolinea l’efficacia del protocollo diagnostico combinato di tampone e test sierologici per monitorare il possibile focolaio.

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Reference

M Comar et al. COVID-19 experience: first Italian survey on healthcare staff members from a Mother-Child Research hospital using combined molecular and rapid immunoassays test. medRxiv 2020.04.19.20071563