Più di 12 italiani su 100 devono fare i conti con una diminuzione della capacità uditiva o, in termini tecnici, ipoacusia, fenomeno più frequente nelle persone anziane, complice il naturale invecchiamento del sistema uditivo.
Passati i 65 anni i problemi uditivi riguardano almeno una persona su tre. Ma anche i giovani sono a rischio. Musica a tutto volume in cuffia, serate in discoteca, concerti e inquinamento acustico in generale mettono in pericolo l’udito di oltre un miliardo di giovani tra i 12 e i 35 anni in tutto il mondo. E le stime per il futuro non sono incoraggianti: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) entro il 2050 l’ipoacusia potrebbe arrivare a interessare 2,5 miliardi di persone. Ecco perché è fondamentale intervenire sin da subito, puntando innanzitutto su prevenzione e informazione.
È quello che hanno ribadito gli esperti intervenuti al recente evento ANSA Incontra, andato in onda su Ansa.it lo scorso 17 novembre. Commentando i dati emersi dell’edizione 2022 della Ricerca EuroTrak che ha fotografato la percezione dei disturbi di udito e le modalità degli interventi riabilitativi, Corrado Canovi, Presidente ANA/ANAP, e Riccardo Cattaneo, Chief Regulatory Officer Amplifon SpA, hanno approfondito gli aspetti rilevanti per il panorama italiano emersi dalla ricerca, oltre al tema dell’urgenza di una corretta informazione per la prevenzione uditiva della normalizzazione dello stigma correlato calo dell’udito.
Sebbene l’Italia sia tra i paesi europei che hanno più alto tasso di adozione e utilizzo delle protesi acustiche, c’è ancora molta strada da fare: sono circa 4,5 milioni gli over 65 che soffrono di ipoacusia e non vengono accompagnati con tempestività nel processo terapeutico.
«C’è ancora un problema di stigma e ci sono ostacoli psicologici ma esiste soprattutto un problema di informazione e, invece, occorre far capire quanto sia importante fare prevenzione. – osserva Riccardo Cattaneo – Oggi l’età media in cui le persone fanno il primo test dell’udito è di 72 anni, veramente molto avanzata e i portatori di protesi hanno un’età media di 78 anni. Dall’indagine EuroTrak 2022 emerge che, in media, una persona impiega 2/3 anni dal primo esame all’avvio di un trattamento riabilitativo e, come sottolinea anche l’Oms, bisogna intervenire prima. Tanto più che, una volta maturata la decisione, si rammarica di non averlo fatto prima perché ne trae reali benefici, con un sensibile miglioramento della qualità della vita».
Per migliorare l’accessibilità agli interventi riabilitativi, bisognerebbe innanzitutto promuovere campagne di screening dell’udito e poi educare i giovani sui rischi che possono derivare da un ascolto prolungato di suoni a volumi eccessivi. «Dal 2019 Amplifon ha avviato “Ci sentiamo dopo”, un progetto per educare all’ascolto responsabile. È importante partire dai giovanissimi per far capire loro l’importanza di salvare l’orecchio da situazioni di rischio. Il progetto è già approdato anche in Spagna e in Francia e l’auspicio è che possa espandersi ulteriormente in altri paesi europei o anche oltre oceano» spiega Cattaneo.
Resta, tuttavia, il nodo dell’accessibilità a tecnologie più evolute per compensare l’ipoacusia. «Vent’anni fa, i dispositivi acustici erano più grandi e questo portava imbarazzo e rifiuto anche dal punto di vista estetico. Inoltre, erano prodotti analogici che servivano semplicemente ad amplificare un suono. Invece oggi, grazie alla tecnologia, sono diventati praticamente invisibili e hanno funzionalità e software che permettono di personalizzare e adattare la curva del suono ad ogni esigenza. E avere un software in grado di adattarsi alla singola persona è stata una vera e propria conquista» conclude Cattaneo.
Purtroppo, però, in Italia, i Livelli essenziali di assistenza (Lea) sono ancora fermi ai vecchi ausili analogici, mentre in Paesi come Francia e Germania le persone con deficit uditivi hanno la possibilità di accedere ai moderni prodotti digitali. «È ora di dare accesso a una tecnologia più evoluta anche nel nostro Paese» conclude Cattaneo.