Oggi, 25 Luglio 2022, parliamo di

Terza età: fragilità per un over 60 su cinque. Il report di Italia Longeva

Secondo l'indagine di Italia Longeva, nel nostro Paese il 25% degli over 60 è fragile. E tra questi ci sono un milione di anziani con fragilità severa.

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Il dato è chiaro: nel nostro Paese il 25 per cento degli over 60 è fragile. E tra questi ci sono un milione di anziani con fragilità severa.

Sono queste le conclusioni dell’indagine di Italia Longeva (Associazione nazionale per l’invecchiamento e la longevità attivapresentata al Ministero della Salute in occasione della settima edizione degli Stati Generali dell’assistenza a lungo termine – Long-Term Care SEVEN, appuntamento annuale il cui scopo è programmare e gestire l’assistenza agli anziani. 

Quest’anno, per la prima volta, è stata misurata e mappata anche la fragilità tra la popolazione ultrasessantenne in Italia: la fotografia che emerge non è affatto rassicurante: quasi quattro milioni di persone presentano una fragilità di grado moderato o severo. 

La fragilità, condizione tipica dell’invecchiamento caratterizzata da un’aumentata vulnerabilità a malattie acute,necessita di un’assistenza continua per evitare che precipiti diventando severa e portando con sé disabilità gravi, ospedalizzazioni e decessi. 

È una condizione fortemente correlata alla multimorbidità (la presenza in un singolo paziente di due o più condizioni mediche a lungo termine), con tredici milioni di over-60 (tre anziani su quattro) che, stando all’indagine, sono affetti da cinque o più malattie croniche. 

Una situazione a macchia di leopardo 

La condizione di fragilità in Italia non è omogenea: il 6,5% della popolazione over-60 è affetto da fragilità severa, percentuale che varia a seconda delle aree del Paese, con in testa le regioni del Sud e Isole (8,2%), rispetto a quelle del Centro (6,2%) e del Nord (5,3%). 

La Campania e la Sicilia presentano ben sette province tra le prime dieci con le percentuali più elevate di soggetti con fragilità severa. Di contro, le città che mostrano una minore concentrazione di anziani con fragilità grave, con valori fino a dieci volte inferiori, sono Asti (1,9%), Macerata (2,1%) e Bolzano (2,4%). 

A determinare il livello di fragilità della popolazione entrano in gioco anche variabili di tipo socio-demografico: la fragilità severa cresce all’aumentare dell’età, passando dallo 0,8% nella fascia 60-65 anni al 17,3% negli ultraottantenni, ed è maggiore nelle province con più bassi valori di reddito medio pro-capite.

Le condizioni socio-demografiche spiegano soltanto una parte del problema: le province di Foggia e Pavia registrano un 8% di anziani con fragilità nonostante Foggia abbia un reddito pro-capite molto inferiore rispetto a Pavia.

Assistenza sanitaria, la grande incognita

Come detto in precedenza, la presenza di fragilità severa determina il bisogno di cure domiciliari o residenziali

Italia Longeva ha analizzato anche il rapporto tra tasso di fragilità, offerta regionale di posti letto nelle residenze socio-assistenziali (RSA) e servizi di assistenza domiciliare (ADI). Il risultato è ancora una volta eterogeneosoltanto cinque regioni su 20 (Piemonte, Liguria, Veneto, Marche e Friuli-Venezia Giulia) offrono servizi di ADI o RSA proporzionati al numero di anziani con fragilità severa residenti nella stessa regione.

Roberto Bernabeipresidente di Italia Longeva, ha affermato: «Riconoscere per tempo la fragilità, consente al medico di intervenire sul singolo paziente con una presa in carico personalizzata prima che la condizione precipiti ulteriormente. Ma non solo: sapere quali regioni e province sono caratterizzate da una più alta prevalenza di fragilità e multimorbidità permette di destinare alla long-term care risorse, professionisti, strutture e servizi adeguati a rispondere puntualmente ai bisogni dei più vulnerabili».

«Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è, per il Servizio sanitario nazionale, l’occasione per modernizzare la rete dell’assistenza territoriale, ma è indispensabile una cabina di regia che ‘governi’ la fragilità. Non basta potenziare i servizi di ADI, è necessario collegarli con l’ospedale e con le nuove strutture previste dal PNRR, facendo sì che l’anziano venga preso in carico nel posto migliore a seconda del grado di complessità dei suoi bisogni» conclude il presidente di Italia Longeva.