La vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB), detta anche cupololitiasi o canalolitiasi, è un disturbo dell’equilibrio determinato da un alterato funzionamento del sistema vestibolare, localizzato nell’orecchio interno. È la causa più diffusa di vertigini periferiche ricorrenti e può interessare persone di ogni età, ma si riscontra con maggior frequenza tra gli anziani (50-70 anni), con conseguente aumento del rischio di cadute accidentali dagli effetti potenzialmente gravi (fratture, trauma cranico ecc.). Le donne tendono a soffrirne più degli uomini.
La diagnosi della VPPB è essenzialmente clinica, ma nei casi in cui l’origine della patologia è poco chiara diventa necessario approfondire il quadro con alcuni test ed esami per escludere possibili altre cause periferiche o centrali alla base della sindrome vertiginosa. Riuscire a riconoscere questo disturbo è cruciale per poter intraprendere le manovre liberatorie a livello della testa che permettono di ottenere la scomparsa delle vertigini in molti pazienti affetti da VPPB.
I sintomi caratteristici della VPPB
La vertigine parossistica posizionale benigna è un disturbo dell’equilibrio che si manifesta con episodi di vertigine oggettiva di breve durata (di norma, inferiori a 60 secondi). Il principale fattore scatenante riconosciuto della fase acuta è il cambiamento della posizione della testa, in particolare lo spostamento laterale, che sollecita in modo abnorme il sistema vestibolare.
Tipicamente, i pazienti che soffrono di VPPB lamentano la comparsa improvvisa di vertigini quando eseguono movimenti di rotazione del capo e del collo oppure quando provano a girarsi nel letto, passando dalla posizione supina a quella su un fianco o viceversa (in questi casi, le vertigini possono insorgere anche durante il sonno).
Anche chinarsi, piegando la schiena e la testa in avanti, per raccogliere un oggetto dal pavimento può far perdere la percezione di stabilità rispetto all’ambiente circostante. Quando, invece, il paziente mantiene una postura fissa, in piedi diritto o seduto, i sintomi sono del tutto assenti.
Durante la fase acuta della VPPB è spesso presente anche un generico malessere, che può assumere la forma di nausea e vomito, nelle persone più sensibili e in funzione dell’intensità delle vertigini sperimentate durante il movimento della testa.
Nei casi più gravi e/o caratterizzati da attacchi frequenti, la vertigine parossistica posizionale benigna può arrivare a interferire sensibilmente con le attività quotidiane del paziente, arrivando a essere francamente invalidante e riducendo notevolmente la qualità della vita.
Diversamente da altre patologie a carico dell’orecchio interno associate a sindrome vertiginosa (come la malattia di Ménière o lo schwannoma vestibolare), la VPPB non causa né riduzioni dell’udito né comparsa di acufeni.
Anatomia del vestibolo e cause del disturbo
Pur manifestandosi in modo abbastanza simile, le vertigini possono dipendere da cause molto diverse tra loro e avere un’origine centrale o periferica. La VPPB rientra in questo secondo gruppo e la sua eziologia è strettamente legata all’anatomia e alle caratteristiche del sistema vestibolare, costituito da una parte ossea esterna e una parte membranosa interna, comprendente:
- le vescicole del sacculo e dell’utricolo, localizzate nella zona centrale del vestibolo in comunicazione, rispettivamente, con il condotto cocleare e con i canali semicircolari
- i tre canali semicircolari (superiore, posteriore o laterale), disposti perpendicolarmente tra loro, nelle tre direzioni dello spazio
- le ampolle membranose, poste alla base dei canali semicircolari
- gli otoliti, microscopici cristalli di carbonato di calcio, detti anche otoconi
- l’endolinfa, un liquido ricco di potassio (K+) che si muove all’interno di sacculo, utricolo, ampolle e canali semicircolari, dove stimola le cellule sensoriali ciliate.
L’insorgenza della VPPB è ritenuta legata allo spostamento degli otoliti, normalmente localizzati nella macula del sacculo e dell’utricolo, al di fuori della loro sede naturale. Il distacco otolitico porta i micro-cristalli a muoversi nell’endolinfa andando a sollecitare in modo abnorme le cellule ciliate presenti nei canali semicircolari, responsabili della percezione della posizione e del movimento del corpo nell’ambiente circostante. Questa sollecitazione è assente a riposo, quando l’endolinfa è ferma, mentre diventa massima quando la testa si muove, inducendo lo scorrimento dell’endolinfa e degli otoliti vaganti nei canali semicircolari.
Le cellule ciliate vestibolari sono a tutti gli effetti i recettori nervosi dell’equilibrio, così come le cellule ciliate cocleari sono i recettori nervosi dei suoni: lo spostamento dell’endolinfa sulla sostanza gelatinosa che riveste gli apici “a spazzola” di queste cellule sensoriali strettamente affiancate permette di inviare stimoli elettrici ai nervi vestibolare e cocleare, che decorrono congiuntamente nel nervo vestibolo-cocleare o stato acustico (VIII paio di nervi cranici) fino al tronco encefalico, per poi inoltrare i messaggi alle diverse aree della corteccia cerebrale deputate all’integrazione degli stimoli statici, dinamici e acustici.
Il canale più spesso “colonizzato” dagli otoconi vaganti nell’endolinfa è il canale semicircolare posteriore, mentre più raramente può essere interessato il canale superiore (detto anche “canale anteriore”), creando l’illusione di un movimento della testa rispetto all’ambiente circostante che in realtà non si verifica e scatenando la vertigine soggettiva.
L’insorgenza della VPPB può essere favorita da:
- trauma cranico (causa principale di VPPB in persone giovani)
- infezioni virali recenti (possono far infiammare i nervi dell’equilibrio e acustico, causando neuronite virale, oppure il labirinto, causando labirintite)
- otite media, di varia eziologia
- degenerazione spontanea delle membrane otolitiche utricolari
- presenza di lesioni del labirinto
- storia di disturbi vestibolari (per esempio, la malattia di Ménière
- occlusione dell’arteria vestibolare anteriore (che irrora l’utricolo e i canali semicircolari laterale e superiore)
- interventi chirurgici pregressi a livello dell’orecchio
- allettamento prolungato o esecuzione di anestesia generale prolungata
- assunzione di farmaci in grado di causare vertigini come effetto collaterale.
Diagnosi differenziale della vertigine parossistica
L’iter diagnostico necessario per inquadrare una sindrome vertiginosa e risalire all’origine della patologia, oltre alla raccolta dell’anamnesi del paziente e alla valutazione clinica da parte del medico specialista in otorinolaringoiatria, prevede una serie di test o esami che, sollecitando le diverse componenti del sistema vestibolare, permettono di ottenere indicazioni sulle possibili alterazioni periferiche alla base degli attacchi vertiginosi oppure di indirizzare l’attenzione verso altre cause, per esempio a carico del nervo vestibolare, del tronco cerebrale o del cervello.
Sul piano clinico, la diagnosi di VPPB deve soddisfare i seguenti criteri:
- episodi vertiginosi scatenati dal semplice movimento della testa
- breve durata della vertigine e assenza di sequele
- notevole intensità delle vertigini
- risoluzione spontanea, mantenendo ferma la testa
- ricorrenza degli episodi per alcune settimane o mesi
- assenza di calo dell’udito o acufeni
- assenza di altri sintomi sensitivi o deficit funzionali (parestesie alla testa o al volto, scotomi, disturbi della vista, del linguaggio o della deglutizione ecc.)
- assenza di mal di testa o dolore al collo (potenzialmente indicativi di vertigini dovute a emicrania o ad artrosi cervicale).
Dopo aver riscontrato la sintomatologia tipica, la diagnosi di vertigine posizionale parossistica benigna viene confermata dall’induzione di nistagmo (movimento involontario, rapido e ripetitivo, degli occhi) in seguito alla manovra di Dix-Hallpike (test provocativo e diagnostico per il nistagmo posizionale), in assenza di segnali sospetti all’esame neurologico.
Se il nistagmo rotatorio latente di breve durata è verificato, non sono richieste ulteriori indagini di approfondimento, mentre se il nistagmo è assente e/o si sospetta una sindrome vertiginosa di altra natura possono essere eseguiti altri test di valutazione dell’equilibrio (per esempio il test di Romberg) o di provocazione delle vertigini (come il Head impulse test e il Caloric-reflex test o prova calorica vestibolare) e valutare la risposta.
Tutte queste valutazioni non possono essere effettuate dal medico di medicina generale, ma soltanto nel contesto di una visita otorinolaringoiatrica eseguita da uno specialista di disturbi vestibolari.
La diagnostica per immagini, con risonanza magnetica nucleare (RMN) o TAC può essere richiesta dall’otorinolaringoiatra nei pazienti con sintomatologia dubbia, per escludere altre malattie a carico del sistema nervoso centrale che possono causare una sindrome vertiginosa, pur senza coinvolgere direttamente il labirinto. In molti casi, queste valutazioni non evidenziano alterazioni vascolari, neoplasie o degenerazioni neuronali indicative di una patologia specifica e la vertigine viene considerata idiopatica.
I trattamenti disponibili per la VPPB
Nella maggioranza dei pazienti, la VPPB va incontro a risoluzione spontanea nell’arco di 6 mesi, ma le serie di attacchi vertiginosi durante il movimento della testa possono ripresentarsi negli anni successivi, con frequenza e durata molto variabili da caso a caso e non prevedibili.
A oggi, non esiste una cura che possa portare a una guarigione definitiva della VPPB, né farmaci realmente efficaci per il suo trattamento. L’approccio più utile si basa sull’esecuzione di alcune manovre liberatorie (come la manovra di Epley e la manovra di Semont), che permettono di portare alla scomparsa delle vertigini in molti pazienti con VPPB dovuta allo spostamento degli otoliti nel canale semicircolare posteriore.
Tutte le manovre liberatorie prevedono una serie di movimenti della testa e del collo guidati dall’otorinolaringoatra, secondo precise angolazioni e in successione predefinita. Prima di eseguirle, si deve verificare che i pazienti non presentino controindicazioni a questo tipo di trattamento quali artrosi cervicale severa, sospette alterazioni vertebrobasilari, malattie cardiovascolari instabili, stenosi carotidea di alto grado.
In aggiunta, è importante che i pazienti siano informati dei fastidi che possono insorgere durante e dopo la procedura. I principali comprendono scatenamento delle vertigini, nausea e vomito e un transitorio problema di equilibrio. Per evitare inconvenienti, è bene raccomandare a chi deve sottoporsi alle manovre liberatorie di farsi accompagnare nello studio del medico specialista da una persona di fiducia per essere aiutati nel rientro al domicilio e di rimanere a riposo nelle ore successive.
Nei pazienti più sensibili e/o con episodi frequenti associati a nausea e vomito possono essere prescritti farmaci antiemetici (metoclopramide, ondansetron, prometazina/proclorperazina ecc.) per attenuare il malessere. Altre possibili terapie farmacologiche di supporto contro le vertigini comprendono la betaistina e alcuni antistaminici (in particolare, meclizina), da prescrivere sempre in associazione alle manovre liberatorie o dopo averle tentate con effetti insoddisfacenti.
Durante la fase acuta della sindrome vertiginosa, ai pazienti deve essere raccomandato di limitare i movimenti laterali della testa, di sdraiarsi preferibilmente su un fianco (quello che soggettivamente causa meno fastidi) e di alzarsi dal letto lentamente e con molta cautela per evitare cadute brusche, particolarmente rischiose per gli anziani.
Nei casi più severi e invalidanti, esiste anche la possibilità di ricorrere all’intervento chirurgico di chiusura del canale semicircolare posteriore, che viene però riservato a una esigua minoranza di pazienti estremamente selezionati.