Il lockdown è stato sicuramente un momento difficile per tutti e l’aspetto più “pesante” da affrontare è stato certamente la distanza fisica, l’isolamento in alcuni casi. L’uomo è un animale sociale e ha bisogno di comunicare. Se da un lato, per molte persone, la tecnologia digitale ha svolto un ruolo di compensazione, per alcune persone non è stato così.
E in questo caso non c’entra nulla il digital divide, il divario tra chi ha accesso alle tecnologie dell’informazione e chi no.
L’esperienza degli ipoudenti ai tempi del Covid-19
La capacità di comunicazione di un individuo non udente è diversa in base al grado di sordità, all’ausilio utilizzato (impianto cocleare, protesi acustica ecc) e al tipo di comunicazione di riferimento (orale, segnante).
Da un lato infatti, l’interazione digitale per un ipoudente, Whatsapp o Skype, è risultata in questo periodo difficoltosa, stancante. Dall’altro si è palesato l’impedimento di riuscire a comunicare efficacemente “dal vivo”, in quelle poche o pochissime occasioni in cui sarebbe stato possibile. L’uso della mascherina, al supermercato, in posta, negli uffici pubblici comporta infatti un inevitabile “ovattamento” della voce e la mancata visualizzazione del labiale.
Per ovviare a quest’ultimo problema, per esempio, negli Stati Uniti è nato il DHH Project, Deaf and hard of hearing project che sostiene e promuove la produzione di mascherine per le persone con difficoltà d’udito: grazie a una parte in plastica trasparente davanti alla bocca, in pratica una “finestra” sulle labbra, rendono possibile la lettura del labiale.
Anche in Italia, seppure a macchia di leopardo, sono arrivate mascherine di questo tipo. A promuoverne la diffusione è stata l’associazione Emergenza Sordi.
Ansia e depressione da lockdown
Sebbene non siano stati ancora pubblicati studi sull’argomento, è plausibile pensare che nelle persone non udenti i livelli di ansia legati al lockdown siano aumentati e non soltanto a causa della paura del contagio personale o di familiari (peraltro trasversale a varie categorie), ma soprattutto dovuta all’impossibilità di comprendere le informazioni ricevute al telefono da ospedali o call center. A tutto ciò si aggiunga la suddetta difficoltà di non poter accedere al labiale nelle interazioni con gli altri.
Inoltre l’isolamento da informazioni, assieme a quello sociale, è stato tanto più grave nei soggetti anziani sordi che non avevano possibilità di accesso ai device.
Qualora si dovesse ripresentare una nuova situazione di emergenza come quella della scorsa primavera, occorrerà monitorare accuratamente questa fascia di utenti della terza età per poterne capire gli effetti. Temo infatti che ciò abbia potuto comportare anche vissuti depressivi.
Consulenze psicologiche online
Durante il lockdown sono rimasta in contatto con i miei pazienti e utenti del Centro per la sordità in cui lavoro tramite videochiamate. Ma se da un lato la tecnologia ha aiutato a mantenere i contatti, dall’altro ha creato una mancanza di rapporto fisico col paziente, elemento fondamentale nella terapia e nel supporto psicologico.
Basti pensare all’importanza del linguaggio non verbale, del corpo, in una terapia per rendersi conto di quanto si perda con una videochiamata.
Peraltro a volte i dispositivi funzionano male, per problemi di connessione. E si è costretti a interrompere la comunicazione. Tutti questi aspetti sono stati dei veri e propri limiti nella relazione con soggetti non udenti.
Andrej, se l’ipoacusia si aggiunge ai problemi linguistici
In questo quadro vedo Andrej (nome di fantasia), un ragazzo di 23 anni, proveniente dall’Est Europa, impiantato per la prima volta all’età di 3 anni e che nel nostro Centro ha effettuato il secondo impianto proprio il mese prima del lockdown.
Purtroppo ha sempre utilizzato in maniera parziale il primo I.C., fino all’arrivo nel nostro centro. Non è stato adeguatamente seguito, per cui non parlava perfettamente quando abbiamo iniziato a seguirlo. Andrej ha fatto quindi in tempo ad attivare l’I.C. ma ha dovuto sospendere l’allenamento acustico con la logopedista.
Pur essendo un ragazzo molto ottimista mi racconta della difficoltà di comunicare quando va a fare la spesa. Non può aiutarsi con il labiale (anche se l’impianto è pienamente funzionante non sempre riesce a capire cosa gli si dice). Fa fatica ad afferrare le parole, ma ora più che mai la sua difficoltà è quella di farsi comprendere.
Mi dice: «Faccio fatica, non mi capiscono, perché già non parlo tanto bene e poi con questa mascherina…». Inoltre, anche se è palese, non ama specificare che è sordo. È, per di più, in ansia perché la già ridotta socialità è ancor di più limitata da questa situazione. Passa le sue giornate davanti al PC e va a ritirare la spesa che la mamma ha pre-ordinato per evitare al figlio lo stress di dover comunicare. È molto preoccupato che il lockdown duri a lunghi. Gli suggerisco che oltre a scrivere messaggi potrebbe anche videochiamare visto che nonostante la fatica di comprendere ed essere compreso se la cava abbastanza bene. Un sorriso gli illumina il viso perché si tranquillizza sul fatto che la sua capacità di comunicazione non sia poi così pessima.
Nelle sedute successive, quindi, mi dice che ha chiamato i cugini e un amico ed è molto felice perché credeva sarebbe andata peggio. Non era, comunque, possibile comunicare più di 20-30 minuti perché la capacità di mantenimento dell’attenzione davanti ai dispositivi è inferiore rispetto a una seduta in presenza ed è ancora peggio se la comunicazione è altamente impegnativa, ma il suo scopo era comunque stato raggiunto: comunicare.
Giulia: affrontare in modo positivo il lockdown
Giulia è una ragazza di 25 anni. Protesizzata bilateralmente all’età di 12 mesi. Protesizzazione riuscita in maniera ottimale, tanto che parlandoci non ci si accorge che sia sorda. A venti anni mette anche l’I.C. migliorando ancora di più la sua performance uditiva e quindi le sue capacità comunicative. Pur avendo una ristretta cerchia di amici ha comunque una vita sociale e studia all’università.
La contatto durante il lockdown solo per sapere come va e mi dice che è dura non vedere i propri amici e parenti e che le videolezioni sono molto stancanti per lei, anche se poi non ha problemi importanti nel seguire. A parte quando la connessione non funziona perfettamente.
Anche lei mi parla della fatica poi di comprendere alcune parole con la mascherina anche se si sente più fortunata di altri perché con protesi e I.C. riesce comunque a comunicare. E non ha alcuna difficoltà a parlare della sua sordità e quindi a farsi ripetere le parole. Quindi grazie all’aver affrontato in maniera ottimale il suo percorso da non udente trovo Giulia capace di affrontare in maniera positiva e costruttiva questo periodo.
Entrambi questi casi clinici dimostrano che la prima preoccupazione per un non udente è riuscire a comunicare in maniera efficiente e che tale preoccupazione si è acutizzata in quest’ultimo periodo.
Uno sguardo più attento all’universo sordità
In questo particolare momento storico, in cui tutti abbiamo compreso l’importanza di poter comunicare col prossimo, le istituzioni dovrebbero interrogarsi su come riuscire a permettere una reale comunicazione efficace e al contempo soddisfacente per le persone sorde. Anche in ottemperanza alla Legge quadro sui diritti di cittadinanza delle persone sorde, con disabilità uditiva in genere e sordocieche del 2017.
Sarebbe opportuno stilare linee guida su come comunicare con i non udenti e utilizzare tutti i dispositivi possibili; linee guida che dovrebbero interessare il singolo cittadino, ma manche e soprattutto gli esercizi commerciali, uffici pubblici, scuole e in generale tutte quelle realtà che dovrebbero essere accessibili per diritto.
A tal proposito l’associazione FIADDA (Famiglie Italiane per la difesa dei diritti degli audiolesi) ha messo a disposizione due volantini per rendere questo possibile (per informazioni www.fiaddaroma.it).
La sordità è un “handicap nascosto”, non visibile rispetto a tante altre disabilità e chissà, magari proprio per sua caratteristica fa fatica ad essere compresa ed “ascoltata”.
A questo link tutte le notizie di Attualità e nuove frontiere in ambito ORL
Dott.ssa Sara Marcaccio
Psicologa-Psicoterapeuta
C.I.S.Fe-Centro Multidisciplinare Integrato per lo Studio e la Cura della Sordità del Bambino e dell’Adulto. Fermo (FM).