La fibroscopia nasale (detta anche “rinoendoscopia” o “nasofibroscopia”) è una metodica utilizzata durante una comune visita otorinolaringoiatrica in ambulatorio, che permette una valutazione medica dei tessuti interni del naso, del rinofaringe e del palato molle, in caso di sospetto o di monitoraggio di molte delle malattie che possono interessare il primo tratto delle vie aeree superiori (in particolare, il distretto rinofaringeo) di adulti e bambini.
Fin dallo sviluppo del primo endoscopio rigido per la visualizzazione ingrandita delle cavità nasali da parte di Harold H. Hopkins dell’Imperial College di Londra (Regno Unito) nel 1960, l’endoscopia nasale ha, inoltre, permesso di modificare radicalmente l’approccio chirurgico necessario, per esempio, per il trattamento della sinusite cronica o della poliposi nasale, permettendo di passare da procedure demolitive e molto impegnative per il paziente a un intervento minimamente invasivo, come la chirurgia funzionale endoscopica dei seni paranasali (FESS, Functional Endoscopic Sinus Surgery).
Endoscopio rigido o fibroscopio flessibile?
L’endoscopia nasale può essere effettuata con un endoscopio rigido oppure con un fibroscopio flessibile. In entrambi i casi, si tratta di dispositivi costituiti da un tubo di piccolo diametro, che viene inserito nelle cavità nasali attraverso le narici e che viene mosso secondo diverse direzioni e angolazioni, al fine di ottenere una visione dei tessuti interni del naso il più possibile completa e accurata.
Gli endoscopi rigidi sono costituiti da un tubo metallico di diametro variabile da 2,7 a 4 millimetri (le cui dimensioni vengono scelte in funzione delle caratteristiche del paziente e del tipo di endoscopia da effettuare) e con estremità orientate secondo diversi angoli (da 0° a 30°, 70°, 90° o 120°, con uso preferenziale di angoli compresi tra 0° e 70°) per riuscire a raggiungere tutte le zone del naso di interesse per l’indagine diagnostica o per l’azione chirurgica.
L’endoscopio rigido comprende una fonte di luce e un sistema di ingrandimento delle immagini che consentono all’otorino di avere una visione molto chiara della mucosa nasale e di sue possibili anomalie. Gli strumenti più avanzati sono dotati anche di una telecamera collegata a un monitor, sul quale possono essere visualizzate le immagini delle cavità nasali, dei seni paranasali e del rinofaringe. Il video può essere registrato per intero oppure possono essere fissate soltanto le immagini più significative, indicative di problemi specifici, da utilizzare nella successiva interazione con il paziente e/o da archiviare per avere un riferimento per valutare l’evoluzione dei disturbi iniziali, gli esiti del trattamento prescritto o le eventuali complicanze di interventi di chirurgia nasale.
Rispetto a quello rigido, l’endoscopio “morbido” a fibre ottiche presenta il vantaggio di essere caratterizzato da un tubo di diametro inferiore e di poter arrivare, proprio grazie alla sua flessibilità, anche nelle fessure più strette e nei punti meno accessibili all’interno del naso, permettendo quindi di ottenere una panoramica più estesa e particolareggiata della mucosa, soprattutto quando utilizzato da medici specialisti esperti di questo tipo di endoscopia.
Il sottile tubo flessibile del fibroscopio è generalmente meglio tollerato dal paziente rispetto a quello rigido durante la procedura, ma è più complesso da manovrare per l’otorinolaringoiatra (che deve usare entrambe le mani anziché una sola) e non permette un’azione mirata e precisa sui tessuti. L’esame endoscopico con fibroscopio flessibile è, quindi, molto utile per valutare le funzionalità e le eventuali alterazioni strutturali a livello del cavo rinofaringeo, ma non è la tecnica di prima scelta per effettuare biopsie e prelevare campioni di mucosa da sottoporre a esami di laboratorio né per eseguire un intervento chirurgico.
Per facilitare l’esame endoscopico di naso e gola nei bambini sono disponibili fibroscopi flessibili con tubo di diametro più piccolo, adatti all’età pediatrica. Questi stessi strumenti possono essere utilizzati quando un paziente adulto è particolarmente sensibile, ansioso o intollerante all’ingresso dell’endoscopio nelle cavità nasali, soprattutto quando è necessario eseguire una fibrolaringoscopia, per esempio in seguito al riscontro di alterazioni della voce potenzialmente indicative di malattie della laringe (disfonia).
Numerosi studi hanno verificato che l’endoscopia nasale è in grado di evidenziare problemi di salute come la sinusite cronica e i polipi o patologie oncologiche di vario tipo localizzati a livello del naso, più spesso e con maggiore accuratezza della rinoscopia anteriore e posteriore, effettuate inserendo rispettivamente uno specchio concavo in ciascuna narice, dopo divaricazione con speculum bivalve e opportuna illuminazione delle cavità nasali, o uno specchietto tondo piano in fondo alla bocca, con la superficie riflettente rivolta verso l’alto, dietro l’ugola, per visualizzare il cavo rinofaringeo.
Eseguita in seguito al riscontro di sintomi come naso chiuso, dolore nell’area mascellare, periorbitale e frontale e infiammazioni del rinofaringe, l’endoscopia nasale è risultata, inoltre, accurata quanto la TAC nella diagnosi della sinusite cronica, con il vantaggio di non esporre il paziente a radiazioni ionizzanti, di essere una tecnica facilmente accessibile in qualunque poliambulatorio e di ridurre i costi della valutazione per il Servizio sanitario nazionale (Ssn). D’altro canto, l’assenza di evidenze di sinusite alla fibroscopia nasale, a fronte della persistenza della sintomatologia caratteristica, deve indurre ad approfondire con una tecnica di diagnostica per immagini (TAC) prima di impostare una terapia (in particolare, con antibiotici).
Le indicazioni mediche e chirurgiche
La nasofibroscopia è ormai diventata parte integrante della valutazione clinica nell’ambulatorio dell’otorinolaringoiatra in tutti i casi in cui il paziente lamenta dolore, infiammazioni ricorrenti, senso di ostruzione nasale e/o difficoltà di respirazione attraverso il naso, oppure problemi di russamento. Più precisamente, le principali indicazioni all’esecuzione della fibroendoscopia nasale comprendono la valutazione di:
- congestione o ostruzione nasale dovuta a infiammazioni, ipertrofia dei turbinati, polipi, noduli o presenza di corpi estranei
- rinosinusite acuta o cronica/ricorrente (di natura infettiva o diagnosticata da uno specialista in allergologia)
- mal di testa cronico/ricorrente (in particolare, localizzato nell’area frontale)
- dolore al volto, localizzato nell’area mascellare e/o periorbitaria
- epistassi cronica/ricorrente, specie se moderata-severa
- poliposi nasale (sospetti o follow-up di polipi già diagnosticati/operati/in terapia)
- patologie oncologiche nasali
- anosmia, iposmia o disosmia
- perdita di fluido cerebrospinale o “rinoliquorrea” (condizione rara, talvolta associata a cefalea, anosmia e cecità, dovuta a fratture della base cranica anteriore; può verificarsi anche a livello delle orecchie)
- russamento e sindrome delle apnee notturne (in alcuni casi, l’endoscopia può essere eseguita anche durante il sonno per caratterizzare meglio il disturbo nella sua fase più critica; in questi casi si parla di Sleep endoscopy)
- ghiandole linfatiche del distretto rinofaringeo
- struttura interna del naso prima di interventi di medicina estetica o funzionale (per esempio, correzione della deviazione del setto nasale)
- organi vicini, come le trombe di Eustachio
- follow-up post-operatorio e/o in corso di trattamento farmacologico.
Si utilizza in particolare l’endoscopio rigido per:
- effettuare biopsie per ottenere campioni di mucosa nasale o di secrezioni purulente da sottoporre a esami di laboratorio
- rimuovere corpi estranei entrati accidentalmente nel naso
- trattare con chirurgia endoscopica minimamente invasiva la poliposi nasale e altre patologie dei seni paranasali o di altre zone interne del naso, compresi tumori
- effettuare il debridement e la rimozione di croste, muco e aggregati di fibrina dopo interventi di chirurgia nasale
- trattare l’epistassi severa con cauterizzazione selettiva, termica (elettrocoagulazione) o chimica, oppure con chirurgia vascolare laser o legatura endoscopica dei vasi coinvolti, in caso di recidiva del sanguinamento post-cauterizzazione.
Come si svolge l’esame endoscopico
Prima dell’esecuzione della nasofibroscopia non è necessaria una particolare preparazione del paziente, ma è importante considerare alcuni aspetti che potrebbero aumentare il rischio di complicanze durante o dopo la procedura.
In particolare, è necessario verificare se il paziente presenta disturbi della coagulazione o se sta assumendo una terapia anticoagulante o comunque in grado di interferire direttamente o indirettamente con l’emostasi (acido acetilsalicilico, farmaci antinfiammatori non steroidei – FANS, preparati erboristici ecc.), poiché in questi casi il rischio di sanguinamento è maggiore. Per la prevenzione di complicanze di questo tipo, se possibile, il trattamento anticoagulante/antiaggregante in corso o l’uso di FANS dovrebbero essere sospesi, su indicazione del medico, per alcuni giorni prima di effettuare l’endoscopia nasale, soprattutto se non si esclude di dover effettuare biopsie a completamento dell’indagine diagnostica.
L’endoscopia nasale è un esame semplice, rapido e non particolarmente doloroso, che richiede pochi minuti per essere eseguito, ma è fondamentale una buona collaborazione del paziente. Prima di inserire il fibroscopio nella cavità nasale attraverso la narice, di norma, l’otorino spruzza uno spray decongestionante per facilitare l’indagine. Tuttavia, in alcuni casi è preferibile effettuare la fibroscopia senza applicare il decongestionante oppure effettuare l’esame endoscopico due volte, prima e dopo la sua applicazione (in particolare, nei pazienti con ipertrofia dei turbinati).
Se l’esame endoscopico prevede anche una serie di biopsie o un intervento chirurgico, viene applicato anche uno spray anestetico locale per rendere la procedura più tollerabile. Prima di spruzzare il decongestionante e l’anestetico, l’otorino deve verificare l’esistenza di eventuali allergie note ai farmaci per prevenire reazioni sfavorevoli e potenzialmente rischiose per il paziente.
Al paziente viene, quindi, chiesto di sedersi sulla poltrona predisposta, con la schiena diritta e la testa leggermente reclinata all’indietro per facilitare l’ingresso dell’endoscopio. Successivamente, il paziente dovrà seguire le indicazioni dell’otorinolaringoiatra in merito a cambiamenti di posizione della testa o alla respirazione/deglutizione. Di norma, la valutazione prevede tre distinti passaggi dell’endoscopio per ciascuna narice. La presenza di una significativa deviazione del setto nasale può impedire di eseguire la nasofibroscopia in entrambe le cavità nasali, per impossibilità di far procedere e orientare correttamente il tubo dell’endoscopio.
Durante i movimenti dello strumento nelle cavità nasali si può avvertire un fastidio, di norma ben tollerato dalla maggioranza dei pazienti, soprattutto quando viene usato un fibroscopio dotato di un sottile tubo flessibile. Va considerato, tuttavia, che nelle persone più sensibili si può avere un’accentuazione del riflesso faringeo durante l’esplorazione delle zone più profonde verso il palato molle per indagare i movimenti faringei e, soprattutto, se si prosegue la valutazione verso la laringe (fibrolaringoscopia) con conseguente sollecitazione del vomito. I pazienti più ansiosi o intimoriti dall’indagine diagnostica possono, inoltre, andare incontro a una reazione vaso-vagale.
Dopo la nasofibroscopia si può continuare ad avvertire un fastidio leggero per 30-60 minuti, soprattutto se è stato spruzzato lo spray anestetico. Il paziente deve essere rassicurato sull’innocuità e la breve durata dei sintomi residui e avvisato di evitare di mangiare e bere per almeno un’ora.
Eventuali lievi epistassi post-esame endoscopico non devono preoccupare e possono essere trattate semplicemente applicando ghiaccio sulla fronte e reclinando la testa all’indietro per alcuni minuti. Viceversa, in caso di sanguinamento più impegnativo o di comparsa di dolore, secrezioni nasali o febbre potenzialmente indicative di una complicanza infettiva (eventualità rara), il paziente deve essere sollecitato a ricontattare l’otorino che ha eseguito la procedura.