Anche se a caratterizzare più precisamente la patologia, nel 1936, fu il patologo tedesco Friederich Wegener, dal quale deriva il nome originario di “granulomatosi di Wegener”, il primo paziente affetto da questa malattia fu descritto dall’otorinolaringoiatra scozzese Peter McBride circa 40 anni prima, nel 1897. E non è un caso, dal momento che le vie aree superiori e inferiori sono tra le sedi più colpite da questa forma – grave, ma fortunatamente poco comune – di vasculite sistemica, caratterizzata dall’infiammazione diffusa dei vasi sanguigni di piccolo e medio calibro (capillari arteriosi e venosi, piccole vene e arterie).
Gli altri organi principalmente interessati sono i reni, a livello dei quali si può sviluppare una glomerulonefrite severa che può portare in pochi mesi all’insufficienza renale, con conseguente necessità di dialisi o trapianto d’organo.
Oggi, la granulomatosi di Wegener è stata rinominata “granulomatosi con poliangioite (GPA)” ed è inclusa nelle cosiddette “vasculiti dei piccoli vasi associata alla presenza di ANCA” (anticorpi anti-citoplasma dei neurofili). Benché sia ormai assodato che la GPA rientri nel gruppo delle malattie autoimmuni, non sono ancora note né la sua patogenesi né la natura dell’antigene in grado di scatenare la reazione abnorme del sistema immunitario contro tessuti e organi normali e sani, inducendone l’infiammazione cronica e la degenerazione (necrosi e insufficienza d’organo). Un’ipotesi è che la causa primaria sia un microrganismo inalato, ma non si sa se si tratti un virus o – più probabilmente – di un batterio.
Non appena si riconoscono i sintomi clinici potenzialmente indicativi di GPA, il medico deve procedere a esami di laboratorio e strumentali tempestivi per arrivare a una diagnosi differenziale precisa nel più breve tempo possibile e avviare subito le terapie necessarie. La cura è generalmente basata sulla somministrazione di farmaci immunosoppressori per periodi prolungati, indispensabili per bloccare l’evoluzione della malattia e l’instaurarsi di gravi disturbi, rapidamente invalidanti e tali da comportare un serio rischio per la salute e la sopravvivenza dei pazienti.
Sintomi della granulomatosi di Wegener
La GPA può manifestarsi in modo acuto e abbastanza facilmente riconoscibile oppure svilupparsi in modo più subdolo, nell’arco di anni. In alcuni casi, i soggetti affetti presentano sintomi iniziali essenzialmente a carico delle vie respiratorie (naso, orecchio, bocca, faringe, trachea, bronchi e polmone), mentre i reni vengono interessati dalla poliagioite microscopica e, quindi, dalla glomerulonefrite soltanto in un secondo tempo e altri tessuti e organi possono non presentare un danno evidente.
In altri pazienti, invece, l’insorgenza delle manifestazioni è più generalizzata fin dall’esordio e vengono contemporaneamente colpiti le vie aeree superiori e inferiori, il rene, la pelle, gli occhi, il sistema nervoso periferico, e – più raramente – anche il cuore, il sistema nervoso centrale e altri distretti (talvolta mimando la presenza di masse tumorali, come nel caso della mammella).
In particolare, i principali segni e sintomi distintivi della GPA comprendono:
- sinusite cronica/ricorrente che non risponde alle terapie convenzionali, con ostruzione nasale, dolore ai seni paranasali, produzione di muco con pus/tracce di sangue e perdita di sangue dal naso; la mucosa nasale assume un aspetto granuloso e diventa fragile, spesso si osservano ulcere, croste spesse/scure; il setto nasale può perforarsi o “collassare” a causa della distruzione della cartilagine del naso (condrite nasale), con comparsa del tipico “naso a sella” (con affossamento vicino alla radice); possono comparire ulcere nella mucosa della bocca; le infezioni batteriche secondarie del naso e della gola (in particolare, da Staphylococcus aureus) sono comuni e si può sviluppare stenosi sottoglottica, che causa sintomi come dolore alla laringe, raucedine, difficoltà respiratorie (dispnea) e tosse abbaiante
- otite cronica/ricorrente dell’orecchio medio e interno, che non risponde adeguatamente alle terapie convenzionali; sviluppo di sordità neurosensoriale e/o vertigini, dovute a sofferenza del nervo acustico e dell’equilibrio da scarso afflusso di sangue; alterazioni della cartilagine dell’orecchio (condrite del padiglione auricolare); infiammazione delle cavità/cellule contenute all’interno dell’osso mastoide, in comunicazione con il timpano
- comparsa di occhi rossi, gonfi, senza motivo apparente; a volte, possono svilupparsi infiammazione e ostruzione del dotto naso-lacrimale, congiuntivite, sclerite, uveite e vasculite della retina; se l’infiammazione interessa lo spazio retro-orbitale, possono svilupparsi esoftalmo, compressione del nervo ottico e cecità; in presenza di sintomi oculari gravi, sono indispensabili una visita oculistica e una cura tempestiva per ridurre il rischio di danno visivo permanente/perdita della vista
- infiammazione dei bronchi che può causare dispnea e polmoniti da ostruzione; a livello polmonare, si possono osservare infiltrati polmonari di cellule del sistema immunitario che possono portare alla formazione di granulomi (noduli), singoli o multipli, con comparsa di sintomi come dolore al torace, mancanza di respiro, tosse con catarro e/o sangue (emottisi); l’emottisi è un segnale di possibile emorragia polmonare, da sottoporre immediatamente a controllo medico
- spesso, si sviluppa glomerulonefrite, con rapido deterioramento della funzionalità renale, fino alla totale insufficienza d’organo nell’arco di pochi mesi, se non trattata; le alterazioni renali possono portare all’insorgenza secondaria di edemi e ipertensione; situazioni di glomerulonefrite rapidamente progressiva possono porre a elevato rischio di morte
- vasculite periferica a carico dei vasi venosi che può portare all’insorgenza di trombosi venosa profonda (TVP) gli arti inferiori, soprattutto quando la GPA è in fase attiva (ossia, non trattata o andata incontro a recidiva dopo una prima remissione)
- seppur raramente, possono insorgere coronaropatia, danno alle valvole cardiache, pericardite e insufficienza cardiaca;
- dolore alle articolazioni (artralgie) e ai muscoli (mialgie) oppure insorgenza di una malattia infiammatoria delle articolazioni simile all’artrite reumatoide, che può essere associata o meno ad alterazioni delle superfici ossee (artrite erosiva o non-erosiva)
- comparsa di segni sulla pelle rosso-violacei (porpora), ulcere o lesioni simili a ustioni dovuti alla vasculite cutanea, ma anche papule e noduli sottocutanei granulomatosi dolenti
- neuropatia periferica di tipo ischemico; lesioni cerebrali o danno ischemico nelle zone limitrofe a quelle interessate dalla vasculite (più raro); le alterazioni dei tessuti che si sviluppano inizialmente nei seni paranasali o nell’orecchio medio possono estendersi alla zona dietro alla faringe e alla base della testa, causando neuropatia dei nervi cranici, esoftalmo, diabete insipido o meningite
- sviluppo di una massa infiammatoria in organi come la mammella, il rene, la prostata ecc. che può essere inizialmente scambiata per una neoplasia.
Altri sintomi sistemici spesso presenti in chi soffre di GPA sono anche il malessere generale, la febbre, la stanchezza e la perdita di peso.
Come si arriva alla diagnosi della GPA
La GPA tende a insorgere soprattutto intorno ai 40 anni, ma può interessare persone di qualunque età, compresi i bambini e gli anziani. In generale, uomini e donne sono colpiti in misura sovrapponibile, ma la patologia sembra essere più diffusa nella popolazione di origine caucasica rispetto ad altre etnie e tra chi vive in Paesi del Nord Europa rispetto a quelli dell’area mediterranea. A prescindere dall’area geografica, la GPA ha una bassa prevalenza, pari a circa 5 casi ogni 100.000 abitanti in Europa, rientrando a pieno titolo nel gruppo delle malattie rare.
Il sospetto di GPA parte dall’osservazione dei sintomi caratteristici durante la visita medica e dall’analisi della storia clinica precedente del paziente, comprese le risposte ottenute alle eventuali terapie già intraprese per la cura della sinusite e degli altri disturbi a carico delle vie aeree superiori o inferiori.
A fronte di indicazioni iniziali di una possibile vasculite sistemica, devono essere prescritti esami di laboratorio per la valutazione dello stato infiammatorio generale dell’organismo (velocità di eritrosedimentazione; proteina C reattiva ecc.) e della funzionalità renale (livelli di creatinina, velocità di filtrazione glomerulare, presenza di proteine/albumina nelle urine ecc.), nonché l’emocromo completo e indagini diagnostiche più specifiche per verificare la risposta del sistema immunitario.
Il test chiave per formulare la diagnosi differenziale di GPA rispetto ad altre forme di vasculite è rappresentato dalla ricerca degli ANCA (anticorpi anti-citoplasma dei neurofili) nel sangue: se l’esame è positivo (in particolare, per quel che concerne il sottogruppo ANCA-PR3), la diagnosi di GPA è altamente probabile.
Per avere la conferma definitiva, è necessario effettuare la biopsia a livello dei tessuti e organi principalmente interessati dalle lesioni e verificare la presenza degli infiltrati di linfociti e la formazione di granulomi.
I trattamenti disponibili
In passato, in assenza di terapie valide, la GPA aveva un decorso rapidamente ingravescente, conducendo a morte entro due anni dalla diagnosi. Oggi, grazie alla somministrazione di farmaci immunosoppressori in adeguata combinazione e al giusto dosaggio, la remissione della fase attiva è possibile per la maggioranza dei pazienti (80% circa) e la prognosi globale è nettamente migliorata (soprattutto per le forme diagnosticate precocemente e per quelle meno aggressive/senza interessamento renale).
Purtroppo, dopo aver ottenuto una prima risposta favorevole alla cura, molti dei soggetti affetti da GPA possono andare incontro a recidive, sia durante la terapia di mantenimento sia dopo la sua sospensione. Anche in quest’ultimo caso è, comunque, possibile “spegnere” di nuovo la patologia, cambiando i farmaci impiegati o aumentando i dosaggi.
Di norma, per ottenere la remissione della fase attiva della GPA severa è indispensabile un trattamento “d’attacco” con un anticorpo monoclonale (rituximab) o con la ciclofosfamide, di norma associati a corticosteroidi (prednisone o equivalenti) a dosaggio abbastanza elevato. Nelle forme meno aggressive, possono essere impiegati rituximab/ciclofosfamide senza corticosteroidi oppure metotressato in combinazione con corticosteroidi.
Dal momento che queste terapie comportano diversi effetti collaterali, quando il medico ritiene che la risposta del sistema immunitario sia stata adeguata e che la patologia sia sufficientemente sotto controllo, si passa a un trattamento di mantenimento meno impegnativo. Questa fase della cura può prevedere la sostituzione di rituximab/ciclofosfamide con azatioprina o metotressato (meglio tollerati) e la riduzione graduale dei corticosteroidi.
I pazienti con GPA aggressiva e/o grave compromissione della funzionalità renale o polmonare devono essere trattati in ospedale per garantire un miglior controllo di tutti i parametri vitali e procedere alle terapie specifiche e di supporto in modo ottimale e tempestivo. In caso di insufficienza renale terminale, se le condizioni e l’età del paziente lo consentono, può essere considerato il trapianto di rene.