Oggi, 10 Maggio 2021, parliamo di

Il ruolo del linguaggio nell’inclusione del paziente ipoacusico

Il gioco di squadra e l’utilizzo consapevole delle parole sono fattori chiavi per l'inclusione del paziente ipoacusico.

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Giovedì 6 maggio si è tenuto Le Parole del Sentire Comune, il digital talk sul tema del ruolo del linguaggio nell’evoluzione degli stereotipi sul calo uditivo. Fondamentale per l’inclusione, è il gioco di squadra tra le figure coinvolte nella vita del paziente ipoacusico e l’utilizzo consapevole delle parole.

Oggigiorno, un terzo degli adulti sopra i 65 anni ha un calo uditivo, e solo il 29,5% di questi utilizza almeno un apparecchio acustico. Lo scarso utilizzo di questi dispositivi ha un impatto negativo sulla qualità di vita e sul funzionamento cognitivo ed emozionale della popolazione. Due delle ragioni di questa tendenza sono state riscontrate nell’erronea percezione dei benefici legati all’utilizzo dell’apparecchio acustico e nello stigma sociale legato all’utilizzo di questi, anche rinforzato dal linguaggio utilizzato in comunicazione.

Partendo proprio da questa consapevolezza, il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica, ha realizzato il progetto Le Parole del Sentire Comune, in collaborazione con il Diversity and Inclusion Speaking e promosso dal Centro Ricerche e Studi Amplifon.

In seguito alla presentazione del progetto di ricerca da parte della Professoressa Ordinaria di Psicologia Sociale, Claudia Manzi, Università Cattolica del Sacro Cuore, i risultati emersi dalla ricerca sperimentale sono stati discussi ed approfonditi in una tavola rotonda multidisciplinare a cui hanno partecipato alcuni dei key opinion leaders del Centro Ricerche e Studi Amplifon, insieme al Direttore responsabile di ORL.news Massimo Barberi e Alexa Pantanella, Fondatrice di Diversity and Inclusion Speaking.

L’importanza delle parole

I risultati della ricerca hanno evidenziato una sovra rappresentazione dei termini medici nel corpo giornalistico, con un impatto negativo sull’attitudine dei lettori nei confronti della perdita uditiva e degli apparecchi acustici. Diverso è stato l’esito del registro utilizzato nella comunicazione medico – paziente, in cui è stato misurato un aumento della percezione dell’utilità degli apparecchi acustici con l’utilizzo di un linguaggio tecnico.

Partendo da questa nuova consapevolezza, al centro del dibattito tra gli esperti sono stati il ruolo della comunicazione sanitaria e come l’utilizzo delle parole corrette possa instaurare un’attitudine positiva nei confronti del calo uditivo e degli apparecchi acustici, ricordandoci che soprattutto nel giornalismo in ambito clinico “l’importante non è fare notizia, ma dare la notizia corretta” come sottolinea il Prof. A. Martini, già Direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Padova.

L’inclusione al centro

Nella tavola rotonda legata al tema dell’inclusione, è emerso un aspetto fondamentale della pratica clinica: quello di trovare il giusto equilibro tra i due linguaggi, quello colloquiale e quello tecnico. “Il linguaggio medico è infatti esclusivo e complesso, questo è un fattore che se non viene modulato ed adeguato può contribuire a creare distanza tra il medico e il paziente” sottolinea il dott. F. Marchetti, Presidente dell’Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione (UNAMSI). Dall’altro lato, le Parole del Sentire Comune non vanno limitate agli specialisti del settore, “è importante estenderle a tutti coloro che intervengono nella vita del paziente, compresi i caregivers presenti nella sua quotidianità” spiega la Prof. E. Genovese, già presidente SIAF, Professoressa Ordinaria di Audiologia e Foniatria, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

Proprio legata a questi aspetti è stata la conclusione del digital talk a cura di F. Alfieri, Direttore del Centro Ricerche e Studi Amplifon: “saper usare il linguaggio e le parole più idonee in funzione del contesto è determinante per veicolare emozioni e aiutare il paziente a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé” e grazie a questa ricerca ora abbiamo l’evidenza scientifica.