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Ipoacusia neurosensoriale: cos’è, cause e fattori di rischio

L'ipoacusia neurosensoriale dipende da alterazioni strutturali o funzionali a carico della coclea o del nervo acustico.

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L’abbassamento dell’udito di varia natura, eziologia (dovuta per esempio a otiti o tappi di cerume) e gravità (ipoacusia profonda, moderata o lieve) è uno dei principali motivi di richiesta di consulto medico dallo specialista in otorinolaringoiatria. La forma più diffusa è l’ipoacusia neurosensoriale, che può dipendere da alterazioni strutturali (malformazioni con cause genetiche o dovute a danni secondari) o funzionali a carico di un qualunque componente del sistema di trasduzione delle onde sonore in impulsi elettrici (coclea) o delle vie nervose (nervo acustico) deputate alla trasmissione degli stimoli sonori dall’orecchio interno alla corteccia cerebrale.

L’ipoacusia neurosensoriale può essere congenita (manifestandosi in modo isolato o, più spesso, nel contesto di sindromi che interessano anche altri organi e apparati oltre all’orecchio) oppure insorgere nel corso della vita a causa dell’avanzare degli anni, dell’esposizione ai rumori intensi o a sostanze tossiche, di traumi accidentali a carico dell’orecchio (trauma acustico o meccanico) o di lesioni alla testa oppure come conseguenza di altre patologie meritevoli di terapia mirata.

Riconoscere e inquadrare correttamente il tipo di ipoacusia presente fin dall’esordio è cruciale in tutti i casi di ipoacusia neurosensoriale. Nei bambini, la diagnosi precoce e la cura della malattia sottostante o l’avvio di interventi correttivi è fondamentale per permettere uno sviluppo neurosensoriale, cognitivo e del linguaggio il più possibile in linea con quelli dei coetanei privi di disturbi dell’udito e favorire l’integrazione in ambito scolastico e sociale. Negli adulti è importante ridurre l’impatto psicologico e clinico dell’ipoacusia in modo da prevenire situazioni di invalidità, isolamento, ritiro sociale volontario, depressione e aumento del rischio di declino cognitivo durante l’invecchiamento, con notevole scadimento della qualità della vita complessiva.

Ipoacusia neurosensoriale: cause e fattori di rischio

Le cause della maggior parte dei casi di ipoacusia neurosensoriale possono essere ricondotte alle seguenti condizioni.

Sordità congenita

La sordità congenita può essere sindromica (30% circa dei casi) o non sindromica (70%), ed essere dovuta a cause ereditarie o acquisite durante la vita fetale o in epoca neonatale.

Le forme sindromiche si osservano principalmente nel contesto di patologie rare come le sindromi di Waardenburg, di Usher, di Pendred, di Alport e di Jervell & Lange-Nielsen, per le quali dovrebbe essere effettuato uno screening neonatale nei casi a rischio.

Le forme acquisite, nei bambini, sono determinate soprattutto da infezioni virali contratte dalla gestante, in particolare quella da citomegalovirus o da herpes, oppure dalla toxoplasmosi o dalla rosolia durante la gravidanza; altre cause ambientali di sordità precoce nel bambino sono l’esposizione al fumo, all’alcol e a farmaci ototossici, il parto pretermine, l’ipossia e l’ittero neonatale.

Presbiacusia

La presbiacusia è una forma molto comune di ipoacusia percettiva associata all’invecchiamento, la cui prevalenza raddoppia per ogni decade dai 20 ai 70 anni, fino a interessare in forma lieve o grave la quasi totalità degli ultraottantenni. Questo problema dell’udito tende a colpire entrambe le orecchie (anche se la difficoltà a sentire può essere diversa ai due lati) e la diagnosi viene posta per esclusione, dopo aver indagato la possibile presenza di malattia di Ménière, otosclerosi (principale causa di ipoacusia acquisita di tipo trasmissivo, a livello mondiale) e citotossicità da esposizione a sostanze di vario tipo (soltanto per citare le diagnosi differenziali più comuni).

La presbiacusia è determinata dalla degenerazione delle cellule ciliate dell’organo di Corti, localizzato all’interno della coclea; a essere danneggiate sono in primo luogo le cellule ciliate esterne presenti nella zona basale, ma la degenerazione si estende progressivamente verso l’apice. Dal momento che le cellule ciliate sono distribuite secondo un’organizzazione tonotopica, la graduale estensione del danno rende conto dell’evoluzione caratteristica di questo tipo di ipoacusia, che interessa prima i suoni a frequenze basse e poi quelli più acuti.

Il paziente con presbiacusia lamenta, più che una riduzione di volume, una scarsa chiarezza dei suoni e chiede spesso di ripetere le parole, specie in presenza di rumore di fondo; la difficoltà a sentire peggiora lentamente, ma si tratta di una condizione permanente poiché le cellule ciliate non sono in grado di ripararsi né di rigenerarsi, né possono essere sostituite.

Questo tipo di ipoacusia, spesso, viene trascurato a lungo perché il paziente non ne è immediatamente consapevole; il controllo del medico, in molti casi, viene chiesto su sollecitazione dei familiari oppure a causa della comparsa di acufeni soggettivi (per esempio di un suono simile a un fischio o un sibilo) che generalmente accompagnano la sordità parziale.

Esposizione ai rumori forti

L’esposizione a rumori forti, specie per periodi prolungati in ambito lavorativo, continua a essere una causa molto diffusa di sordità parziale, nonostante l’esistenza di specifiche normative per la prevenzione della sordità di origine professionale in tutti i Paesi occidentali e la raccomandazione all’uso di cuffie protettive in ambienti molto rumorosi (industrie, miniere, cantieri edili ecc.) o con musica ad alto volume (tecnici del suono, deejay ecc.). Le stime indicano che circa il 16% dei casi di ipoacusia tra gli adulti a livello globale è connessa all’attività lavorativa.

La perdita uditiva da rumore tende a interessare un po’ più spesso gli uomini delle donne, soprattutto a partire dai 40 anni, ed è insidiosa e progressiva. All’inizio, i pazienti possono non rendersi conto dell’abbassamento dell’udito e, spesso, sono gli amici o i familiari ai quali viene chiesto di alzare la voce o il volume del televisore a insospettirsi per primi e a sollecitare un controllo del medico.

In caso di rumore estremamente intenso (un’esplosione, spari al poligono di tiro ecc.) si può instaurare una sordità improvvisa, di norma associata a dolore a livello dell’orecchio medio, con possibile danno al timpano; lo stesso può accadere in caso di bruschi sbalzi di pressione esterna (in occasione di repentini cambiamenti di quota durante voli aerei o immersioni subacquee) che possono infatti determinare perforazioni della membrana timpanica (barotrauma). In questi ultimi due casi, tuttavia, non si tratta di ipoacusia neurosensoriale, ma di una perdita uditiva dovuta all’interruzione del corretto percorso di trasmissione del suono; il rischio di andare incontro a un problema dell’udito di questo tipo è legato anche al grado di elasticità della membrana timpanica.

Traumi all’orecchio e lesioni alla testa

Qualunque trauma significativo, accidentale o iatrogeno (da chirurgia o radioterapia) a livello dell’orecchio interno o del capo (in particolare nella porzione laterale) può mettere a rischio l’integrità strutturale e/o la funzionalità della coclea, dei nervi responsabili della trasmissione degli stimoli sonori o delle aree della corteccia cerebrale uditiva e uditiva associativa (localizzate nella regione temporo-parietale tra l’area di Wernicke, coinvolta nella comprensione del linguaggio, e l’area di Broca, coinvolta nell’elaborazione e nell’uso del linguaggio).

Se il trauma interessa anche l’orecchio esterno o medio, si può andare incontro a un’ipoacusia mista, dovuta in parte a una lesione neurosensoriale e in parte all’alterazione delle strutture membranose e/o ossee deputate alla trasmissione del suono (condotto uditivo, membrana timpanica, catena degli ossicini, finestra tonda e ovale ecc.).

Sindrome di Ménière

Lo sviluppo di un deficit persistente a livello uditivo rientra tra le complicazioni che possono svilupparsi con il tempo in chi soffre di malattia di Ménière, condizione primariamente caratterizzata da attacchi di vertigini ricorrenti imprevedibili, sensazione di pienezza auricolare e abbassamento dell’udito transitorio. La difficoltà a sentire, lieve o grave, è generalmente accompagnata anche dalla comparsa di acufeni.

Assunzione di farmaci ototossici

Alcuni antibiotici (principalmente, gli aminoglicosidici), i diuretici dell’ansa (come, per esempio, furosemide) e alcuni farmaci chemioterapici possono causare un danno uditivo transitorio o permanente attraverso diversi meccanismi.

In particolare, l’assunzione sistemica ripetuta di un aminoglicosidico come gentamicina causa la graduale degenerazione delle cellule ciliate della coclea (deteriorando prima la percezione uditiva dei suoni con alte frequenze e poi quelli a frequenze più basse), con induzione di una condizione permanente di sordità parziale e disturbi dell’equilibrio.

I diuretici dell’ansa, invece, agiscono a livello della stria vascolare (struttura ricca di capillari localizzata all’interno della coclea, il cui compito principale è nutrire le cellule ciliate) e causano forme acute di ipoacusia profonda, ma completamente reversibile dopo la sospensione della terapia.

Patologie sistemiche

L’ipoacusia neurosensoriale può essere dovuta anche a patologie che non riguardano primariamente o esclusivamente l’orecchio o la testa, ma l’intero organismo. Le principali sono il diabete, la meningite di varia origine e diverse malattie autoimmunitarie.

La prima ipoacusia neurosensoriale con base autoimmunitaria è stata descritta nel 1979 dall’otorinolaringoiatra statunitense Brian F. McCabe ed era contraddistinta dal fatto di insorgere in giovane età (20-25 anni) e di regredire grazie alla terapia corticosteroidea. Altre condizioni autoimmuni che possono comportare un abbassamento dell’udito sono la granulomatosi di Wegener, l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso sistemico.

Queste condizioni sono le uniche a richiedere, oltre all’esame audiometrico tonale e altre prove di funzionalità uditiva, anche alcuni esami di laboratorio per essere diagnosticate (VES, anticorpi antinucleo, fattore reumatoide ecc.), a meno che non si sviluppino in un paziente con diagnosi autoimmune già nota. Il loro trattamento (di norma basato su corticosteroidi o farmaci immunosoppressori) è di competenza dello specialista reumatologo. Se non trattate, queste patologie possono portare alla degenerazione del nervo uditivo e/o delle cellule ciliate dell’organo di Corti.

Schwannoma vestibolare

Un’altra malattia che può causare ipoacusia neurosensoriale dovuta a degenerazione del nervo uditivo è lo schwannoma vestibolare, noto anche come neuroma del nervo acustico, neurinoma acustico o tumore dell’ottavo nervo. Si tratta di una neoplasia benigna che origina dalle cellule di Schwann che avvolgono il nervo vestibolare.

A causa della stretta vicinanza tra nervo vestibolare e nervo uditivo e del decorso affiancato dei due nervi, man mano che cresce lo schwannoma vestibolare va ad appoggiarsi con forza crescente sul nervo uditivo, arrivando a causare un danno da compressione, con conseguente insorgenza graduale di sordità a carico dell’orecchio interessato.

La sintomatologia caratteristica che accompagna questo tipo di ipoacusia monolaterale comprende vertigini e altri disturbi dell’equilibrio, cefalea, sensazione di pienezza auricolare o di tappo di cerume e dolore all’orecchio. La diagnosi precoce e l’eventuale terapia (chirurgica o con radioterapia mirata) sono cruciali per prevenire la degenerazione del nervo uditivo, che porterebbe a una condizione permanente di sordità.

Ipoacusia neurosensoriale: diagnosi

Fin dai primi segnali di ipoacusia, neurosensoriale o di altro tipo, è bene che la persona interessata si sottoponga a un controllo del medico specialista in otorinolaringoiatria e ad alcuni esami di valutazione della percezione uditiva per cercare di comprendere la natura e le cause dell’abbassamento dell’udito.

La valutazione dello stato di salute dell’orecchio e del paziente in generale e la raccolta dell’anamnesi clinica, farmacologica e chirurgica a livello dell’orecchio o del distretto testa-collo sono fondamentali per evidenziare possibili cause sistemiche o iatrogene dell’ipoacusia. L’età, le attività svolte nel corso della vita, in ambito professionale e nel tempo libero, e gli eventuali traumi accidentali subiti sono altri elementi che permettono di orientare la diagnosi specifica.

Relativamente ai test di valutazione della percezione uditiva, lo specialista può partire con approcci semplici come i test di Weber e di Rinne, che permettono di distinguere l’ipoacusia neurosensoriale da un abbassamento dell’udito dovuto a problemi di trasmissione del suono.

Entrambi i test sono basati sull’uso di un diapason che, dopo essere stato messo in vibrazione battendolo sul ginocchio, viene appoggiato in mezzo alla fronte del paziente nel primo caso e in due diverse posizioni nel secondo: a livello del processo mastoide e davanti al condotto uditivo esterno, a 1 cm di distanza.

Nel test di Weber, l’ipoacusia neurosensoriale monolaterale è indicata dal fatto che il paziente sente meglio il suono del diapason nell’orecchio “sano”, mentre in caso di un problema di conduzione lo sentirebbe prevalentemente nell’orecchio con percezione uditiva ridotta. Nel test di Rinne, il paziente con ipoacusia neurosensoriale percepisce il suono anche quando il diapason è posto di fianco all’orecchio (non a contatto), viceversa si tratterebbe di un deficit di trasmissione del suono.

L’indagine chiave per la valutazione della percezione uditiva e per la caratterizzazione del tipo di ipoacusia presente è l’esame audiometrico tonale, che deve essere proposto a tutti i pazienti con iniziali segnali di ipoacusia neurosensoriale o dovuta a disturbi di conduzione. Questo test valuta l’efficienza della trasmissione del suono attraverso l’osso mastoide e attraverso l’aria presente all’interno del condotto uditivo; i risultati vengono riportati in un grafico per le frequenze di norma udite dall’orecchio umano alle quali viene esposto il paziente, fino a 8000 Hz.

Se il paziente soffre di un qualunque tipo di ipoacusia neurosensoriale, sia la curva di trasmissione del suono attraverso l’osso sia quella di trasmissione attraverso l’aria peggiorano gradualmente, senza differenze nei due casi (che si avrebbero, invece, in caso di sordità da deficit di conduzione). La forma assunta dalle due curve sul grafico permette, inoltre, allo specialista di ottenere indicazioni sulle possibili cause dell’abbassamento dell’udito.

Altri esami che possono essere eseguiti per precisare la diagnosi comprendono:

  • la timpanometria, utile per valutare la funzionalità dell’orecchio medio e il grado di mobilità della membrana timpanica; può essere usata anche nel contesto della valutazione di otiti medie con effusione e di disfunzioni delle trombe di Eustachio, nonché per misurare il riflesso stapediale (o riflesso di smorzamento, dato dalla contrazione bilaterale involontaria del muscolo della staffa) che permettere di proteggere l’orecchio interno da sollecitazioni sonore eccessive, di estendere il campo acustico e migliorare la discriminazione dei suoni
  • le emissioni otoacustiche, che servono per analizzare l’integrità e lo stato funzionale delle cellule ciliate esterne, sulla base di suoni registrati nel condotto uditivo esterno; se le cellule ciliate esterne sono danneggiate, i suoni sono assenti
  • l’esame vocale, che rappresenta un test audiometrico essenziale per valutare l’impatto della sordità parziale sull’uso del linguaggio e la possibilità di comunicare del paziente
  • test elettrofisiologici per valutare la funzionalità del sistema nervoso e l’impatto di eventuali masse tumorali che si appoggiano sul nervo acustico o di patologie demielinizzanti; questi test possono essere usati anche come screening per predire la soglia acustica dei bambini
  • la TAC o la risonanza magnetica nucleare (RMN) della testa, eseguite nei casi in cui si sospetta o si vuole caratterizzare con precisione la presenza di ossificazione della coclea, mastoidite o tumori dell’angolo cerebello-pontino, come lo schwannoma, i neurofibromi e i meningiomi.

Ipoacusia neurosensoriale: trattamenti e dispositivi disponibili

Nei casi di ipoacusia neurosensoriale acuta di natura autoimmunitaria o idiopatica, può essere proposta una terapia a base di corticosteroidi orali (prednisone 1 mg/kg/die o equivalenti), dopo aver escluso tutte le principali cause strutturali o funzionali di perdita uditiva. Il trattamento viene generalmente prescritto per una settimana, seguita da un’ulteriore settimana di tapering. Di norma, le forme con prognosi favorevole vanno incontro a miglioramento (talvolta anche spontaneo) in questo arco di tempo. In caso contrario, può essere proposta l’iniezione intratimpanica di corticosteroidi, dopo aver valutato rischi e benefici della procedura.

Nella maggioranza dei casi di ipoacusia neurosensoriale cronica non esiste una terapia in grado di restituire la capacità uditiva persa, anche se negli ultimi anni diversi studi focalizzati sulle cellule staminali sembrano aprire alla possibilità di reintegrare le cellule ciliate della coclea originarie irrimediabilmente deteriorate. Approcci di questo tipo potrebbero essere utilizzati anche in caso di degenerazione del nervo uditivo, ma al momento si tratta di ipotesi al vaglio della ricerca preclinica.

Per compensare la perdita uditiva e permettere una buona qualità di vita ai pazienti affetti da sordità parziale esistono numerose tipologie di protesi acustica, più o meno sofisticate e miniaturizzate, caratterizzate da buone prestazioni e semplicità d’uso. Per individuare il dispositivo corretto nel singolo caso, il paziente, dopo aver ottenuto la diagnosi specifica dallo specialista in otorinolaringoiatria, deve rivolgersi a un audioprotesista.

Per la presbiacusia lieve-moderata, gli apparecchi acustici sono efficaci nella maggioranza dei casi, anche se non è possibile recuperare la soglia uditiva originaria. Per questa ragione, è importante che il paziente sia invitato a seguire programmi di riabilitazione audiologica finalizzati a facilitare l’adattamento e a mantenere una migliore qualità di vita, prevenendo situazioni di isolamento sociale e depressione.

I classici apparecchi acustici da applicare sulla parte posteriore del padiglione auricolare sfruttano la via ossea di trasmissione del suono e possono essere usati in caso di sordità parziale, sia monolaterale sia bilaterale. Le onde sonore sono intercettate dal dispositivo ricevente che le trasforma in energia elettrica e, quindi, le riconverte in stimolo sonoro amplificato, emesso da un microfono inserito nel condotto uditivo, che poi raggiunge l’orecchio interno.

Altri dispositivi chiamati CROS (Controlateral Routing of Signal) prevedono l’inserimento nell’orecchio che sente meglio di un microfono per la registrazione dei suoni che vengono, poi, trasmessi con sistema wireless all’orecchio controlaterale, caratterizzato da minore capacità uditiva. Esistono anche in versione bilaterale, per migliorare la percezione uditiva in entrambe le orecchie (BiCROS, Bi-lateral Routing of Signal).

In alternativa, nelle forme di sordità cronica più severe (soglia acustica > 70-80 dB), che non riescono a essere adeguatamente compensate con gli apparecchi acustici disponibili, può essere applicato un impianto cocleare, che funziona sfruttando la conduzione ossea delle vibrazioni sonore alle cellule ciliate della coclea e al nervo acustico. In questo caso, un impianto in titanio viene osteointegrato in prossimità dell’orecchio e l’efficienza del dispositivo può essere ottimizzata con una modulazione di frequenze personalizzata e/o abbinando un microfono esterno wireless, che il paziente può orientare verso la voce o la fonte sonora di interesse, riducendo il rumore ambientale di fondo.