Oggi, 8 Settembre 2022, parliamo di

Laringectomia

La laringectomia, parziale o totale, è indicata principalmente in presenza di un tumore della laringe non trattabile con terapie più conservative.

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La laringectomia è un intervento chirurgico praticato ormai da decenni in tutto il mondo, che si rende necessario in presenza di un tumore della laringe, non eliminabile con tecniche più conservative come il laser o la radioterapia. Indicazioni meno frequenti riguardano la necrosi della laringe indotta da radioterapia al collo e i traumi severi, che alterano la struttura della laringe in modo non recuperabile.

Accanto alla laringectomia totale, nel corso degli anni, grazie all’evolvere dell’attività chirurgica, sono state sviluppate diverse tipologie di laringectomie parziali, meno demolitive, nell’ottica di garantire il migliore esito oncologico minimizzando, ove possibile, l’impatto dell’operazione sulla vita dei pazienti, in particolare per quel che concerne la fonazione e la possibilità di parlare, ma anche per limitare eventuali disturbi di deglutizione e respirazione.

Oggi, quindi, dopo la visita medica e l’accurata localizzazione, caratterizzazione e stadiazione della neoplasia presente, l’otorinolaringoiatra può proporre la totale rimozione della laringe (laringectomia totale) oppure l’asportazione soltanto di alcune porzioni (laringectomia quasi-totale, laringectomia parziale sopra-cricoide, laringectomia parziale verticale/orizzontale, ecc.).

A prescindere dalla tecnica eseguita, si tratta in tutti i casi di un intervento chirurgico che richiede l’ospedalizzazione per alcuni giorni e che risulta abbastanza impegnativo per il paziente, soprattutto nel periodo postoperatorio, in considerazione della necessità di riadattamento all’assunzione orale di cibo (e problemi della deglutizione connessi) e di riabilitazione funzionale per il recupero della capacità fonatoria.

L’anatomia della laringe

La laringe è una struttura cartilaginea complessa localizzata nella parte anteriore del collo, anteriormente e inferiormente alla faringe e subito sopra l’ingresso della trachea, ancorata postero-superiormente all’osso ioide. Ha una forma approssimativamente piramidale e dimensioni maggiori nell’uomo rispetto alla donna.

È costituita da 11 cartilagini: tre cartilagini impari e mediane (cartilagine tiroidea, cartilagine cricoide ed epiglottide) e quattro cartilagini pari (cartilagini corniculate di Santorini, cartilagini cuneiformi di Wrisberg e cartilagini aritenoidee). Le porzioni cartilaginee sono unite mediante membrane e legamenti (membrana cricotracheale, membrana e legamenti tiroioidei e cricotiroidei, legamenti dell’epiglottide e del complesso aritenoideo).

Internamente, la cavità laringea è rivestita da una mucosa, in continuità con la mucosa faringea e con quella tracheale, ed è divisa in tre piani da due pliche: le corde vocali superiori (o pliche vestibolari) e le corde vocali inferiori, che delimitano la fessura della glottide.

I tre piani della laringe sono: il piano superiore o vestibolo della laringe (sopraglottico), delimitato in alto dall’aditus laringeo e in basso dalla fessura vestibolare tra le pliche vestibolari; il piano intermedio, delimitato in alto dalle corde vocali superiori e in basso dalle corde vocali inferiori (glottico); il piano inferiore (infra-glottico o sotto-glottico), che continua in basso con la trachea.

L’irrorazione sanguigna della mucosa e dei muscoli della laringe è garantita da tre arterie, che sono ramificazioni delle arterie tiroidee superiore e inferiore: l’arteria laringea superiore, l’arteria cricotiroidea (o arteria laringea media) e l’arteria laringea inferiore. Il sangue è drenato dalle vene laringee superiori e inferiori corrispondenti e da vasi linfatici che seguono il decorso delle arterie laringee, raccogliendo i liquidi dai territori sopraglottico (molto ampio) e sotto-glottico (più ristretto).

Delle diverse funzioni della laringe, la principale è proteggere le vie respiratorie inferiori attraverso la chiusura istantanea in seguito a uno stimolo meccanico, sospendendo temporaneamente la respirazione e impedendo a liquidi, cibo o frammenti di entrare nella trachea, nei bronchi e nei polmoni. Altre funzioni della laringe comprendono la fonazione (resa possibile dalla sollecitazione calibrata delle corde vocali da parte dell’aria espirata in arrivo dalla trachea), la tosse, la manovra di Valsalva e il controllo della ventilazione.

Prima di effettuare la laringectomia totale o parziale è importante effettuare una TAC del collo per valutare i rapporti tra le diverse strutture laringee, il versante tracheale e lo sfintere esofageo superiore, nonché per verificare l’estensione sottomucosa, il coinvolgimento dello spazio pre-epiglottico e l’invasione della cartilagine da parte del tumore. Altre porzioni da esaminare, nell’ottica di individuare la tecnica più appropriata per garantire la radicalità oncologica e pianificare nei dettagli l’intervento chirurgico da effettuare, sono la mucosa post-cricoide e inter-aritenoide e il ventricolo controlaterale.

L’evoluzione della laringectomia

La prima laringectomia totale fu eseguita a Vienna (Austria) nel 1873 dal chirurgo Theodor Billroth, che soltanto due anni più tardi si cimentò anche nella prima laringectomia parziale, nella quale veniva asportata soltanto metà della laringe colpita dal cancro, con intento semiconservativo. Tuttavia, per diversi decenni, la maggioranza dei chirurghi preferì continuare a effettuare la laringectomia totale, considerandolo un trattamento sanitario più sicuro per l’eliminazione del tumore, benché associato a diversi deficit postoperatori a livello di fonazione, deglutizione e respirazione. Inoltre, la totale rimozione della laringe era più semplice sul piano chirurgico e, già nel 1920, si associava a una sopravvivenza superiore al 90%.

Con l’evolvere delle conoscenze oncologiche e della pratica medica, alcuni specialisti si sono resi conto che le neoplasie della laringe possono essere molto differenti l’una dall’altra e interessare non necessariamente l’intera laringe, ma soltanto alcune strutture ben definite, su cui è possibile intervenire in modo mirato. Come osservato da Bruce W. Pearson e dai suoi collaboratori dell’Unità di Otorinolaringoiatria della Mayo Clinic di Jacksonville (Stati Uniti) nel 1980, un esempio è rappresentato da alcune tipologie di cancro della glottide, prive di coinvolgimento dell’endolaringe (e delle corde vocali) che può, quindi, essere lasciata in sede, preservando la fonazione.

Attualmente, la laringectomia parziale è ritenuta indicata per la cura delle neoplasie della glottide e sopraglottiche, della radice della lingua (a volte viene asportata la base) e ipofaringee, ma continua a essere un’alternativa chirurgica relativamente poco usata nella pratica medica, soprattutto a causa della maggiore complessità di esecuzione e delle molteplici tecniche che i chirurghi devono apprendere al posto della più semplice e collaudata laringectomia totale.

Un’altra ragione di scarsa adozione della laringectomia parziale viene dal fatto che, negli stessi anni in cui veniva introdotta, due otorinolaringoiatri americani, Mark I. Singer ed Eric D. Blom, iniziarono a promuovere la puntura tracheoesofagea (TEP) per il recupero della capacità fonatoria dopo laringectomia totale (tecnica di Singer-Blom). Attraverso la TEP è, infatti, possibile inserire tra esofago e trachea una valvola di silicone, che consente all’aria proveniente dai polmoni di passare dalla trachea all’esofago, creando suoni di tipo vibratorio utilizzabili per parlare, evitando però l’aspirazione di cibo e liquidi deglutiti dal paziente.

La protesi applicata con TEP è, oggi, il metodo di riabilitazione fonatoria più usato dopo l’intervento di laringectomia totale. Tuttavia, quando indicate sul piano oncologico, le tecniche chirurgiche più conservative dovrebbero essere preferite in quanto presentano diversi vantaggi, a partire dalla possibilità di riprendere a parlare in modo più naturale (senza gorgoglii dello stomaco o voce meccanica) e senza il rischio di aspirazione attraverso la valvola in silicone applicata con la TEP.

Cancro della laringe: numeri e cause

Il cancro della laringe si posiziona al secondo posto per frequenza tra le neoplasie del distretto testa-collo. I dati epidemiologici indicano che, negli Stati Uniti, ogni anno ricevono una nuova diagnosi di malattia circa 11.000 persone, principalmente uomini, d’età compresa tra 50 e 70 anni e con fattori di rischio specifici, primi tra tutti il consumo di bevande alcoliche e il fumo, che agiscono in modo sinergico nel promuovere lo sviluppo del cancro della laringe. Un fattore di rischio meno comune, ma riscontrato più spesso negli ultimi 20 anni, è rappresentato dall’infezione da virus del papilloma umano (HPV, Human Papilloma Virus), contratta in giovane età.

Nonostante l’elevata efficacia delle cure disponibili (comprendenti asportazione laser per le forme iniziali e chirurgia, radioterapia e chemioterapia per le forme avanzate), negli Stati Uniti il cancro della laringe è responsabile di circa 3.500-4.000 decessi ogni anno (con un rapporto tra uomo e donna di circa 4:1). Ciò dipende dal fatto che la diagnosi è spesso tardiva, dal momento che i sintomi della malattia sono simili a quelli di altre condizioni benigne, acute o croniche, delle vie respiratorie e tendono a essere trascurati dagli stessi pazienti e/o non segnalati al medico di famiglia né all’otorinolaringoiatra in quanto considerati una conseguenza del tabagismo o dell’invecchiamento.

Il ritardo nel riconoscimento della presenza del tumore è un problema soprattutto per le tipologie di cancro della laringe che infiltrano maggiormente i linfonodi e danno più facilmente metastasi a distanza, soprattutto a livello dei polmoni e del fegato (come i tumori sopraglottici e sottoglottici, che vengono diagnosticati già in fase metastatica nel 10-30% dei casi), mentre lo è meno in altre neoplasie laringee che tendono a rimanere confinate a livello locale più a lungo (come il tumore della glottide).

I sintomi iniziali del cancro della laringe in fase avanzata comprendono raucedine, mal di gola e dolore alla deglutizione, mentre più tardivamente compaiono anche mal d’orecchio, difficoltà di deglutizione, dispnea/stridori respiratori e involontaria perdita di peso.

Laringectomia totale, quasi totale o parziale?

La chirurgia più appropriata per il cancro della laringe deve essere individuata nel singolo paziente, su base personalizzata, tenendo conto sia del tipo (molto spesso si tratta di carcinomi squamocellulari), della localizzazione (le sedi più colpite sono l’epiglottide, le corde vocali e l’area post-cricoidea) e dello stadio del tumore (iniziale, localmente avanzato, metastatico), sia dell’età e degli eventuali disturbi o problemi di salute generale aggiuntivi del paziente che possono aumentare il rischio degli interventi in anestesia generale e/o controindicare una determinata tecnica chirurgica, in relazione agli esiti oncologici non ottimali o alle possibili complicanze nel postoperatorio.

A parità di radicalità oncologica, le diverse tecniche di laringectomia parziale dovrebbero sempre essere preferite per ridurre l’impatto dell’operazione sulla qualità di vita dei pazienti, ma anche quando vengono pianificate in fase pre-operatoria va considerata la possibilità che la laringe non possa essere risparmiata a causa di criticità non preventivabili riscontrate durante l’intervento. Per questa ragione, al paziente viene di norma chiesto di firmare il consenso informato anche per l’esecuzione della laringectomia totale.

Per quel che concerne la procedura, in caso di laringectomia totale, dopo l’esecuzione dell’anestesia generale, il chirurgo incide la zona anteriore del collo del paziente, asporta interamente la laringe e, se necessario, i linfonodi regionali e parte della mucosa faringea e della lingua (a volte ne viene asportata la base). Quindi, pratica una tracheotomia in corrispondenza dell’apertura presente nel collo, che sarà mantenuta nel postoperatorio per permettere la respirazione (tracheostomia). In questa fase, se non controindicata, può essere effettuata la TEP e applicata la protesi che supporterà il successivo recupero della fonazione. L’esofago viene chiuso con clips e vengono applicati drenaggi temporanei, per 2-3 giorni.

Complessivamente, l’operazione può durare da 5 a 9 ore. Nei giorni successivi all’intervento chirurgico, il dolore sarà controllato con terapia antalgica perioperatoria, ma il paziente non potrà né parlare né alimentarsi per bocca. La nutrizione sarà assicurata per via endovenosa o enterale (generalmente, con sondino naso-gastrico). Dopo circa 5-7 giorni, il paziente potrà riprendere ad assumere cibo e liquidi, anche se in una prima fase potrà avere alcuni problemi o fastidi durante la deglutizione.

In media, le incisioni chirurgiche si rimarginano in circa 2-3 settimane, arrivando alla piena guarigione nell’arco di un mese. Per almeno 6 settimane, il paziente dovrà evitare di eseguire sforzi fisici, riprendendo gradualmente le attività abituali.

Per il recupero della capacità fonatoria e della piena funzione della bocca servirà più tempo e un percorso di riabilitazione funzionale abbastanza impegnativo (variabile in relazione dell’applicazione o meno della protesi con TEP), supportato da un logopedista. In caso venga effettuata una laringectomia parziale, i deficit residui potranno essere marginali o, comunque, minori e variabili in funzione della porzione asportata della laringe e delle strutture connesse.

Che cosa accade dopo la laringectomia

Dopo la laringectomia totale, il paziente dovrà apprendere un nuovo modo di parlare, recuperare la funzione della bocca e la deglutizione corretta e prendersi cura della tracheostomia.

Per il recupero della capacità fonatoria, esistono tre opzioni:

  • la produzione di “voce esofagea”, grazie all’insufflazione volontaria di aria nell’esofago (sfruttando il differenziale tra zone a maggiore e minore pressione di aria) e la sua successiva fuoriuscita calibrata, in grado di produrre suoni articolabili in parole; il vantaggio di questo metodo è che non richiede l’applicazione di protesi né interventi chirurgici aggiuntivi, ma servono vari mesi di riabilitazione funzionale prima di riuscire a parlare in modo comprensibile e non sempre l’esito è ben accettato o in linea con i bisogni comunicativi del paziente
  • la produzione di voce tracheoesofagea, grazie all’applicazione della protesi valvolare unidirezionale con TEP che permette all’aria espirata dai polmoni di passare nell’esofago e produrre suoni articolabili in parole, senza che liquidi o solidi contenuti nell’esofago possano essere aspirati nei polmoni; il vantaggio di questo metodo è che il paziente può riuscire a parlare di nuovo abbastanza in fretta (già dopo 2-3 settimane) e con voce più simile a quella naturale; lo svantaggio è che deve essere applicata una protesi e che esiste un rischio di aspirazione; inoltre, affinché il sistema funzioni, il paziente deve essere dotato di una sufficiente capacità polmonare (cosa non sempre scontata, dal momento che nella maggioranza dei casi si tratta di soggetti relativamente anziani e con un’estesa storia di tabagismo);
  • uso di un dispositivo elettronico esterno (laringofono) o applicato internamente nella cavità orale, che permette di inviare le vibrazioni prodotte elettronicamente alla bocca e di trasformarle in suoni con il movimento delle labbra; i metodi basati sul laringofono presentano l’indubbio vantaggio per il paziente di poter riprendere a parlare già dopo pochi giorni dall’intervento chirurgico, di richiedere una manutenzione minima e di essere di lunga durata (2-10 anni a seconda del dispositivo); il principale svantaggio riguarda la produzione di una voce innaturale/meccanica.

Relativamente alla tracheostomia, le cure necessarie per mantenerla in buono stato non sono molte, ma fondamentali. Le principali riguardano l’attenzione a non bagnare mai la stomia per evitare che possa entrare acqua nella trachea, nei bronchi e nei polmoni (per questa ragione si dovranno avere cautele mentre ci si lava e si dovranno evitare gli sport acquatici) e la sua pulizia regolare, per evitare che si formino depositi di materiale organico, che potrebbero ostruirla o promuovere infezioni.