Oggi, 17 Dicembre 2021, parliamo di

Neuropatia uditiva: quando chiamarla così?

Team di ricercatori italiani fa il punto sull’eziopatogenesi della neuropatia uditiva: meglio abbandonare il termine in presenza di OAE evocabili e ABR alterato o assente.

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La British Association of Audiovestibular Physicians nel 2018 ha descritto il disturbo della neuropatia uditiva (NU) come “una condizione in cui la funzione delle cellule ciliate esterne di un paziente, come dimostrato dalle emissioni otoacustiche (OAE) e/o dal potenziale microfonico cocleare, è presente mentre le risposte uditive del tronco cerebrale (ABR) sono anormali o assenti”. 

La NU può essere unilaterale o bilaterale, isolata o parte di una sindrome neurologica, congenita o acquisita, e produrre tutti i gradi di perdita uditiva. La NU può derivare da malattie genetiche – isolate o associate a sindromi – o avere un’ampia gamma di altre eziologie, tra cui prematurità, iperbilirubinemia, anossia, ipossia, anomalie cerebrali congenite ed esposizione a farmaci ototossici. Tuttavia, in circa la metà dei casi non è possibile identificare alcun fattore eziologico.

Un gruppo di ricercatori italiani ha condotto una revisione sistematica della letteratura per chiarire la ezio-patogenesi della neuropatia uditiva. Sono stati estratti 845 articoli dai quali ne sono stati inclusi e revisionati 799, secondo le linee guida promulgate da PRISMA. Ecco cosa è emerso.

Eziologia della neuropatia uditiva

Si stima che circa il 40% dei casi di NU abbia una base genetica sottostante, che può essere ereditata sia in condizioni sindromiche che non sindromiche. Un totale di 63 articoli descriveva la NU isolata e 70 la descrivevano come sindromica. La NU isolata è stata descritta nelle deficienze da otoferlina, peivachina e DIAPH3. Le sindromi più frequentemente citate, invece, sono: Charcot Marie Tooth (CMT) e il suo sinonimo Neuropatia Ereditaria Motoria e Sensoriale (HMSN); Atassia di Friedreich; Disturbi mitocondriali; Compromissione della vista e dell’udito (OPA1/LEBER HON/USHER/FDXR/OPA8); sindrome di Mohr ST; Atassia cerebellare – Areflessia – Piede cavo – Atrofia ottica – Sordità neurosensoriale (CAPOS) e sindrome di Brown-Vialetto-Van Laere.

Nel complesso, sono presentate diverse patologie legate alla NU, tra cui soprattutto malattie metaboliche, infettive e tossiche. Nello specifico, le eziologie più frequenti sono diabete e iperbilirubinemia. Nel diabete, si presume che l’effetto collaterale vascolare sia l’agente patogeno nella coclea, come nella retina. Nell’iperbilirubinemia invece c’è la possibilità di una cocleopatia dose-dipendente o causata da anemia emolitica. 

Origine della neuropatia uditiva

La prima evidenza fornita da questo lavoro di revisione è il fatto che molti dismorfismi, disfunzioni o patologie di tutti gli organi dell’apparato uditivo possono presentare la combinazione audiologica patognomonica di “OAE presente e ABR assente o alterato”. Tuttavia, nella maggior parte dei casi la sede della lesione è la coclea o il sistema nervoso centrale e non il nervo acustico, contrariamente alla nomenclatura di neuropatia. La coclea è il sito di disfunzione nelle NU genetiche isolate. Solo nelle sindromi neurologiche per polineuropatie e/o malattie del Sistema Nervoso Centrale, si può escludere la coclea come origine del danno uditivo.

La corretta e definita attribuzione all’VIII nervo come patogenesi della sordità può essere fatta solo quando è evidenziata da imaging o quando i test elettrofisiologici risultano alterati in presenza di funzionalità uditiva conservata; quindi, quando la sordità non è l’origine primaria dell’alterazione dei potenziali acustici.

Per quanto riguarda l’imaging, la prevalenza del dismorfismo retro-cocleare varia tra il 18% e il 28% dei bambini con NU, frequentemente associato ad anomalie cerebrali (40%) o cocleari (31%). Gli studi hanno confermato che il deficit uditivo di alcune NU non coinvolge l’VIII nervo, ma è effettivamente localizzato nel SNC, lasciando il primo neurone dell’apparato uditivo libero da lesioni.

L’imaging e le alterazioni nei potenziali acustici non giustificate dal grado di ipoacusia sono gli unici reperti in grado di confermare in modo affidabile una neuropatia; altri strumenti o osservazioni cliniche non possono essere definitivi a causa dell’ampia varietà di patologie coinvolte.

Conclusioni

In sintesi, il termine neuropatia uditiva nella maggior parte dei casi non è correlato alla reale patogenesi dell’ipoacusia come evidente nella NU isolata genetica e nelle principali patologie descritte. Le opinioni confuse sulla NU potrebbero avere delle ragioni storiche e potrebbero anche essere legate alle conoscenze innovative riguardanti la fisiologia della coclea. 

In conclusione, gli autori suggeriscono di abbandonare il termine neuropatia uditiva quando sono presenti OAE e l’ABR è alterato o assente perché fuorviante. In caso di AN geneticamente isolata, anche i termini “sinaptopatia” e “dis-sincronia” sono confusi, perché non descrivono le cause ma le conseguenze di una disfunzione del recettore. 

Pertanto, la proposta finale degli autori è quella di considerare più appropriato includere le condizioni delle cellule ciliate esterne in una diagnosi globale, utilizzando la seguente formula: “Deficit dell’udito dovuto a disfunzione cocleare/neurale/centrale, con funzione ciliare preservata”. Per tutte le ragioni sopra esposte, suggeriscono inoltre di non considerare le OAE come patognomoniche per la diagnosi di AN, se non confermate da altri segni.

References

Burdo, S., Di Berardino, F., & Bruno, G. (2021). Is auditory neuropathy an appropriate term? A systematic literature review on its aetiology and pathogenesis. Acta otorhinolaryngologica Italica : organo ufficiale della Societa italiana di otorinolaringologia e chirurgia cervico-facciale, 10.14639/0392-100X-N0932. Advance online publication. https://doi.org/10.14639/0392-100X-N0932.