Oggi, 28 Luglio 2020, parliamo di

Test audioprotesici per una corretta protesizzazione del paziente

Come arriva un audioprotesista a scegliere un dispositivo? Attraverso una batteria di test che indagano la sfera soggettiva e le performance percettive. Ecco quali sono.

Indice dei contenuti

Protesizzazione acustica, rimediazione acustica, riabilitazione acustica dell’ipoacusia; tante definizioni, analoghe tra loro, con le quali si indicano gli approcci più idonei a compensare un deficit uditivo.

Questa fase del percorso audioprotesico, che si ripropone ogni volta che una persona ipoacusica riceve il nullaosta all’adozione di un apparecchio acustico, è solo quindi solo riferita all’azione del dispositivo, “[…] avente la funzione di amplificare e/o modificare il messaggio sonoro, ai fini della correzione qualitativa e quantitativa del deficit uditivo […]” (DM 332 del 27 agosto 1999 – Nomenclatore Tariffario delle Protesi)

Quello che realmente accade in un centro acustico è (anche) questo, ma non solo: è un approccio che non prende le mosse dallo stato di salute dell’apparato uditivo della persona, ma dall’analisi delle dinamiche di vita della persona stessa.

Come arriva dunque un audioprotesista alla scelta di un dispositivo e alla definizione delle tecnologie di elaborazione dei segnali acustici? Attraverso una batteria strutturata di test, che indagano la sfera soggettiva e valutano strumentalmente le performance percettive della persona.

L’indagine audioprotesica

Secondo le “Linee guida del tecnico audioprotesista”, elaborate nella forma attuale dal Comitato Scientifico ANAP (Associazione Scientifica dei Tecnici Audioprotesisti italiani) in occasione della nascita dell’Albo professionale della categoria (DM 13 marzo 2018), l’audioprotesista persegue “[…] salvaguardia e il ripristino della salute uditiva delle persone assistite mediante:

  • il colloquio con la persona assistita per l’individuazione delle necessità percepite e delle aspettative dichiarate;
  • le indagini miranti alla valutazione delle attuali prestazioni funzionali, delle loro implicazioni sulle attività personali e le conseguenti ricadute sulla partecipazione attiva (ICF).

È evidente la duplice finalità dell’intervento rimediativo: da una parte la definizione dei benefici attesi, dall’altra la valutazione delle reali performance ottenute, il tutto finalizzato al raggiungimento o al mantenimento di obiettivi di socializzazione attraverso la realizzazione delle attività individuali, secondo quanto definito nel 2001 dall’OMS nella classificazione ICF della salute.

Il colloquio si realizza attraverso un’indagine audioprotesica, ampia ed esaustiva, che utilizza strumenti riconosciuti e validati, come il questionario COSI (Client Oriented Scale of Improvement).

Ideato nel 1992 da Harvey Dillon presso i National Acoustic Laboratories (NAL) australiani, originariamente per valutare i benefici dell’impianto cocleare, il COSI ha preso rapidamente piede anche nell’ambito dell’amplificazione acustica tradizionale, diffondendosi in tutto il mondo in poco tempo; nel 2012, in Italia, è stato anche adottato da INAIL nel proprio protocollo quale strumento di verifica e collaudo audioprotesico (Accordo FIA-INAIL, 2012).

Il COSI è un questionario di tipo “misto”, ovvero con un’ampia sezione di domande aperte e una parte dedicata alla loro categorizzazione, facoltativa, in 16 situazioni, per facilitare un’eventuale analisi statistica dei risultati.

Fig. 1 – Questionario originale COSI

Una parte finale è invece riservata alla quantificazione percentuale, in itinere e al termine della valutazione, dei risultati raggiunti (figura 1).

Il cuore del questionario è la sessione di sinistra: alla persona viene chiesto di definire le situazioni di vita quotidiana nelle quali sente la maggiore necessità di un aiuto per migliorare la propria prestazione uditiva. Per arrivare al risultato finale, l’audioprotesista usa una tecnica di intervista “a imbuto” che, partendo da una visione generale, deve arrivare a definire con la massima precisione la situazione, il contesto, le persone coinvolte.

Per esempio, non è sufficiente ottenere la risposta: «Vorrei sentire meglio la conversazione telefonica». Ma bisognerà indagare più in profondità per arrivare a: «Vorrei sentire meglio la conversazione telefonica con il mio telefono cordless quando sono in cucina e sta funzionando la ventola di aspirazione della cappa».

È importante dettagliare con la massima precisione perché questa situazione di ascolto, oltre a essere molto differente dalla prima in termini di paesaggio acustico e ambientale, è il punto di partenza dal quale inizia il programma di riabilitazione uditiva. Ed è il vero valore aggiunto del tecnico audioprotesista, che sceglie e adatta la tecnologia dell’amplificazione al contesto individuale della persona.

Durante il protocollo di rimediazione, così come indicato nel COSI, si definiranno gli obiettivi di follow up, quantificandoli in valori percentuali (sezione di destra del questionario).

Data la complessità di questo processo, il numero delle situazioni individuate non supera le cinque, anche se, più frequentemente, ci si ferma a tre.

Un altro test proprio del protocollo A360, approvato dalla Società Italiana di Audiologia e Foniatria, è il questionario “Six questions”, che va a indagare situazioni di ascolto molto comuni:

  1. percezione dei suoni lievi
  2. comprensione delle parole nel silenzio
  3. comprensione delle parole nel rumore
  4. accettabilità dei rumori
  5. localizzazione spaziale dei suoni
  6. capacità di concentrazione durante un dialogo

Attraverso le risposte fornite, l’audioprotesista ottiene un quadro completo dell’auto percezione delle abilità sensoriali legate alla funzione uditiva, così come definito dall’OMS nella classificazione ICF della salute (b230); nello specifico:

  • percezione del suono
  • discriminazione del suono
  • localizzazione della fonte dei suoni
  • lateralizzazione del suono
  • discriminazione delle parole
    • nel silenzio
    • nel rumore

L’ultima delle sei domande riguarda la capacità di concentrazione (ICF b140). La domanda ha la finalità di porre l’accento sulle abilità cognitive, un tema che, sempre con maggior frequenza, le evidenze cliniche correlano ai gradi dell’ipoacusia.

La definizione di questo panorama sensoriale, auto valutato mediante una Scala Likert a dieci passi di punteggi, è il punto di partenza nel processo di rimediazione acustica: il valore definito all’inizio verrà comparato con i numeri che la persona protesizzata si attribuirà durante le settimane successive, delineando la progressione dei risultati della protesizzatine.

I test strumentali

Dopo avere definito l’ambito soggettivo, ovvero il “percepito” della persona riguardo alle attese di beneficio e alle proprie capacità uditive, è necessario determinare il versante “oggettivo” tramite una valutazione strumentale, sempre mediata dal soggetto, della qualità prestazionale della funzione uditiva.

Si possono somministrare quindi test audiometrici finalizzati a quantificare le abilità uditive, tra cui:

  • PTA – valuta la percezione del suono
  • ANL – valuta l’accettabilità dei rumori
  • SPIQ – valuta la comprensione delle parole nel silenzio
  • SPIN – valuta la comprensione delle parole nel rumore

Il dominio relativo alla localizzazione spaziale è difficile da valutare strumentalmente, se non in condizioni di laboratorio; in caso di necessità, si impiegano le prove non convenzionali presenti nei moderni analizzatori di apparecchi acustici (orecchi elettronici).

Vocale in modalità adattiva

Il metodo di somministrazione più diffuso per il test vocale si basa sulla Speech Detection Threshold, ovvero sul riconoscimento, e successiva ripetizione, dei materiali inviati, variati in intensità. Solitamente si utilizzano parole bisillabiche, normalmente a struttura CVCV, ordinate in liste di 10 e foneticamente bilanciate (es. Bocca-Pellegrini); i risultati sono evidenziati in percentuale.

Questa metodica è la più utilizzata presso i reparti ORL nel nostro Paese, ma dal punto di vista statistico, data la distribuzione binomiale dei punteggi (giusto/sbagliato), ha un’alta variabilità intersoggettiva (da 32% a 50% di punteggi): una prima soluzione potrebbe essere l’aumento delle parole che compongono ciascuna lista, e nel corso degli anni abbiamo avuto proposte di nuove liste vocali in lingua italiana (Cutugno, Prosser, Turrini); una seconda soluzione potrebbe essere l’adozione di procedure adattive.

Con questa modalità di somministrazione è il soggetto stesso che “comanda” i livelli di intensità del materiale vocale presentato: una risposta corretta comporta una riduzione dell’intensità del messaggio, un errore porta invece ad un aumento dei livelli. L’obiettivo del test (Speech Reception Threshold – SRT) è quello di raggiungere il 50% delle risposte corrette (figura 2).

Fig. 2 – Rappresentazione grafica di una proceduta adattiva

Per la massima accuratezza del test dovranno essere scelti con precisione tre parametri:

  • livello iniziale in decibel (PTA 500/1000/2000 Hz)
  • gradiente (incremento/decremento in decibel)
  • durata (numero di parole)

Così come per l’audiometria con metodica tradizionale, anche con procedura adattiva si potrà introdurre la variabile Rumore, ottenendo la SRT sotto competizione (SPIN – Speech In Noise). Se, ad esempio, si sceglie come intensità di rumore 60 dB SPL e la SRT è di 65,5, il rapporto Segnale/Rumore (S/R) sarà: 65,5 – 60 = 5,5

Test ANL

La misura ANL (Acceptable Noise Level) è uno strumento d’indagine psicoacustica. In ambito audioprotesico serve a identificare i pazienti candidati alla protesizzazione che potrebbero avere difficoltà nell’uso continuativo dell’amplificazione.

La misura ANL, infatti, riflette la minore o maggiore attitudine ad accettare il rumore ambientale quando questo interferisce con l’ascolto del parlato; un apparecchio acustico, anche se in grado di migliorare significativamente la percezione verbale nella quiete e nel rumore, può essere rifiutato se chi lo usa presenta un’elevata annoyance nei confronti dei rumori ambientali.

Il test si sviluppa in due tempi:

1.     si inizia spiegando alla persona che ascolterà una voce provenire dall’altoparlante in fronte a sé e che lo scopo di questa prova è di rilevare il livello in dB di volume della voce più confortevole e chiaro attraverso l’intervento sul potenziometro dell’audiometro. (Most Comfortable Level=MCL). L’audioprotesista dovrà chiarire che lo scopo del test non è quello della comprensione delle parole, ma esclusivamente di rilevare il livello di ascolto;

2.     alla persona va detto che, insieme alla voce, ascolterà un rumore di sottofondo; dovrà indicare, sempre per aumenti e riduzioni progressive del potenziometro, il massimo livello in dB di rumore che è disposto a sopportare (Background Noise Leve=BNL). La differenza in decibel tra MCLe BNL è il risultato del test ANL.

Il test ANL è stato elaborato nel 1991 dalla dottoressa Nabelek e il suo gruppo di ricerca, presso l’Università del Tennessee; dai risultati del test (MCL-BNL=ANL) sono stati individuati tre valori “criterio” (Nabelek et al 2006):

  1. un valore ANL >13 indica una scarsa tolleranza ai rumori di fondo e una difficoltà nell’utilizzo di una normale amplificazione acustica;
  2. risultati al test compresi tra 6 e 13 dB corrispondono a livelli medio bassi di tollerabilità ai rumori ambientali e, di conseguenza, potrebbero preludere ad un utilizzo saltuario dell’amplificazione
  3. ANL < 6 dB indicano notevole accettazione dei rumori di fondo e sono predittivi di un uso a tempo pieno dell’apparecchio acustico (figura 3).
Fig. 3 – Correlazione tra valori ANL e utilizzo dell’amplificazione acustica

È importante notare che i valori ANL non sono correlati né alla soglia uditiva tonale o vocale, né all’età o al genere degli esaminati. Un altro importante risvolto è che l’adozione di specifiche tecnologie di ottimizzazione e riduzione del rumore di fondo, implementate in molti apparecchi acustici attuali, riducono sensibilmente i valori ANL, migliorando l’accettazione dell’amplificazione.