Una review condotta da un’equipe di ricercatori cinesi del Department of Otorhinolaryngology Head and Neck Surgery del Tianjin First Central Hospital, si è posta l’obiettivo di riassumere i recenti risultati, pubblicati in letteratura, sul ruolo delle ribbon synapses nell’eziopatogenesi dell’ipoacusia.
Cosa sono le ribbon synapses (sinapsi “a nastro”)
Le ribbon synapses, o sinapsi “a nastro”, sono delle giunzioni altamente specializzate presenti nelle cellule ciliate dell’orecchio interno.
Queste, a differenza delle giunzioni interneuroniche tipiche, presentano con quest’ultime alcune diversità anatomo-funzionali: non vi è né l’assone e neanche il potenziale d’azione; vi è un dispositivo di membrana che va incontro a graduali variazioni bioelettriche, proporzionali all’intensità degli stimoli sensoriali, che vanno a regolare tonicamente il tasso di esocitosi delle vescicole sinaptiche.
Nell’orecchio interno, la struttura e la distribuzione delle sinapsi “a nastro” non è uniforme: differisce seguendo la tonotopicità cocleare, che da un punto di vista biochimico, porta, appunto, a delle variazioni nell’entità di esocitosi delle vescicole sinaptiche. Nella regione presinaptica di queste particolari sinapsi, vi sono dei “nastri” circondati da un notevole numero di vescicole contenenti glutammato, il neurotrasmettitore delle cellule recettoriali uditive.
L’alto grado di precisione temporale con cui avviene il rilascio di neurotrasmettitore è attribuito unicamente alle caratteristiche morfologiche, molecolari e fisiologiche delle ribbon synapses.
Lo scopo dello studio, pubblicato a novembre su Neural Plasticity, è in sostanza quello di comprendere bene i meccanismi molecolari di formazione, struttura, rigenerazione e protezione delle ribbon synapses, al fine di poter permettere la progettazione di strategie terapeutiche adeguate.
In letteratura, diverse ricerche condotte su modelli animali, hanno evidenziato che la perdita di queste tipologie di sinapsi potrebbe avere un ruolo chiave nella comprensione della patogenesi di tutte quelle forme di ipoacusia che sono definite hidden, cioè “nascoste”.
All’origine della patogenesi della Hidden Hearing Loss, che rappresenta circa il 5-10 % delle ipoacusie neurosensoriali, sembrerebbe esserci una prolungata esposizione al rumore che potrebbe causare ingenti danni a carico delle sinapsi tra le cellule ciliate interne e le fibre nervose afferenti di tipo I del nervo acustico, determinando, di conseguenza, una graduale degenerazione dei neuroni del ganglio spirale del Corti.
Tuttavia, oggi si è propensi a definire la Hidden Hearing Loss, come una patologia multifattoriale che, oltre all’esposizione al rumore, sembrerebbe essere determinata da fattori genetici, in particolare legati al gene dell’otoferlina OTOF, ototossici, in particolare legati all’utilizzo di alte dosi di sostanze amminogliosidiche ed età-correlati.
Un danno a questo livello non determina un’alterazione significativamente rilevante della capacità di detezione dei suoni, ma, invece, determina notevoli difficoltà nella discriminazione verbale nel rumore.
I progressi della ricerca sul tema delle sinaptopatie, e più nello specifico, da un punto di vista uditivo, dei meccanismi funzionali e biochimici delle ribbon synapses, hanno dimostrato che a livello cocleare, vi è una capacità rigenerativa spontanea, seppur limitata. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per identificare questi meccanismi rigenerativi, attraverso un più approfondito studio biochimico-molecolare.
Hidden Hearing Loss o sordità psicogena
La Hidden Hearing Loss è stata originariamente diagnosticata come “sordità psicogena”, in quanto all’esame audiometrico tonale non vi era evidenza di un’alterazione della soglia uditiva, suggerendo, quindi, una perdita uditiva, di tipo non organico.
Grazie agli studi condotti negli ultimi anni si sta sempre più soffermando la necessità di diagnosticare le ipoacusie, non soltanto attraverso i test “classici” di routine, ma attraverso un inquadramento multifattoriale della sintomatologia riferita.