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Apparecchi acustici: rivedere DPCM sui nuovi LEA

Il nuovo regolamento europeo sui dispositivi medici impone revisione dei LEA. Lo sostiene Corrado Canovi, Segretario ANA.

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Corrado Canovi, Segretario Nazionale Associazione Nazionale Audioprotesisti (ANA) e Segretario della Commissione d’Albo dei Tecnici Audioprotesisti, è l’autore dell’ articolo pubblicato lo scorso 22 giugno sulla rivista tecnico-scientifica dell’udito l’Audioprotesista, che approfondisce il tema dei device acustici e ne chiarisce la natura.

Secondo Canovi «il primo scoglio è proprio il nome del dispositivo: si chiamano “apparecchi acustici”, “protesi acustiche” o “ausili per l’udito”? Tutte le risposte sono corrette. Dal punto di vista linguistico, chiamarle “protesi” è improprio, come ci spiega il dizionario Treccani: “…Per estensione e impropriamente si definiscono protesi anche determinati apparecchi esterni (che propriamente si chiamano ortesi e ausili) rivolti a migliorare la funzione di un apparato senza sostituirsi ad esso. (…) Se vogliamo ricalcare la denominazione anglosassone “hearing aids”, allora dobbiamo utilizzare “ausili per l’udito”, se vogliamo concentrarci sulle loro caratteristiche costruttive (più sul “come funzionano” che non sull’“a cosa servono”) allora “apparecchi acustici” è la definizione corretta, mentre “protesi acustiche” è riservato a un ambito più ristretto e, in genere, legato alle forniture di assistenza protesica erogate dal Servizio Sanitario Nazionale».

Le parole del sentire comune, la ricerca dell’Università Cattolica di Milano

Su questo stesso tema, ovvero l’appropriatezza del linguaggio da adottare in merito agli apparecchi acustici, la ricerca a cura del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica, dal nome Le Parole del Sentire Comune, in collaborazione con il Diversity and Inclusion Speaking e promosso dal Centro Ricerche e Studi Amplifon ha indagato il percepito dei termini legati agli apparecchi acustici sulla popolazione generale con l’intento di generare una comunicazione sanitaria più inclusiva.

Una volta definito il nome più corretto da utilizzare, Canovi chiarisce ogni dubbio in merito alla dibattuta natura degli apparecchi acustici: «secondo la “Direttiva Europea 93/42” e secondo il nuovo Regolamento Europeo sui Dispositivi Medici in vigore dal 26 maggio scorso essi sono, indiscutibilmente “dispositivi medici di serie predisposti di classe 2A”. Tale definizione è ribadita nell’ottimo documento “Questions and Answers on Custom-Made Devices” (“Domande e risposte sui dispositivi su misura”) pubblicato dal Medical Device Coordination Group in seno all’Unione Europea, secondo cui idispositivi medici predisposti sono dispositivi“prodotti in serie che devono essere allestiti, regolati, assemblati o modellati presso il punto di assistenza, generalmente da un professionista sanitario, in conformità con le istruzioni del fabbricante al fine di adattarsi, prima dell’uso, alle caratteristiche anatomofisiologiche del paziente…”. L’allestimento ad opera del professionista sanitario è quindi decisivo. Per questo, all’interno del D.M. 332/99 gli apparecchi acustici erano classificati in modo del tutto analogo (elenco 1: allestiti su misura) e remunerati a tariffa».

Essenziale rivedere i LEA

Canovi prosegue evidenziando la discutibile classificazione di questi dispositivi nel DPCM sui Nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) del 12 gennaio 2017, inseriti, con quella che Canovi lascia intendere essere una non corretta valorizzazione della prestazione dell’Audioprotesista, all’interno dell’elenco 2A, ovvero tra quei dispositivi che soltanto “a garanzia della corretta utilizzazione da parte dell’assistito in condizioni di sicurezza” devono essere semplicemente “applicati dal professionista sanitario abilitato”.

Canovi sostiene che «tale definizione appare non in linea con il trattamento sanitario dell’ipoacusia e, viste le modalità di acquisizione previste dal DPCM per questo tipo di dispositivi (gara d’appalto), gravemente lesiva della necessaria libertà di scelta da parte del paziente e del rapporto di fiducia tra paziente e professionista, fondamentale per la rimediazione dell’ipoacusia. Non c’è alcuna ragione né tecnica né sanitaria che giustifichi l’inclusione (o per meglio dire, lo sradicamento da quanto indicano scienza e professione) degli apparecchi acustici e dell’attività del tecnico audioprotesista all’interno dell’elenco 2A. Gli apparecchi acustici sono dispositivi complessi e rappresentano solo una parte del processo riabilitativo del soggetto ipoacusico».

Canovi conclude sostenendo che «se gli apparecchi acustici sono dispositivi prodotti in serie, ma la cui applicazione prevede il decisivo apporto professionale sanitario da parte del tecnico abilitato, allora tali dispositivi si configurano come “protesi allestite su misura” e sono quindi riclassificabili in piena conformità con la norma europea (come già richiesto nel 2016 dalle Commissioni competenti di Camera e Senato nelle fasi di esame del DPCM), nell’elenco 1 del Nomenclatore Tariffario».