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Ipoacusia e disfunzione vestibolare: fattori di rischio indipendenti per il declino cognitivo?

Il danno vestibolare provoca disfunzioni cognitive, in particolare danni alla memoria spaziale, indipendentemente dall’ipoacusia.

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Se sembra ormai accertato che l’ipoacusia giochi un ruolo importante nel declino cognitivo, ci si interroga ancora su quale ruolo possa avere la disfunzione vestibolare, e soprattutto ci si chiede se questa sia un fattore di rischio indipendente dalla perdita di udito.

La questione è rilevante, in quanto l’esistenza di trattamenti efficaci della perdita vestibolare legata all’età, come la riabilitazione vestibolare, possono rendere la disfunzione vestibolare un fattore di rischio modificabile per la demenza.

Secondo una recente review di un ricercatore neozelandese, Paul F. Smith, pubblicata a gennaio 2021 sul Journal of Neurology, che ha analizzato 44 studi pubblicati dal 1989 al 2020, vi sarebbero prove che suggeriscono che il danno vestibolare provoca disfunzioni cognitive, soprattutto legate alla memoria spaziale, indipendentemente dall’ipoacusia.

Questa conclusione è supportata anche da molti studi sugli animali, che hanno dimostrato che il sistema vestibolare trasmette all’ippocampo specifiche informazioni sulle percezioni di movimento.

Calo uditivo e rischio demenza

In letteratura vi sono ormai molte prove a sostegno dell’ipotesi che la perdita dell’udito sia un fattore significativo che contribuisce allo sviluppo della demenza, compreso il morbo di Alzheimer. Inciderebbe, secondo le ricerche dell’ultimo decennio, ancora più di fattori come ipertensione, obesità, fumo, depressione, inattività fisica o isolamento sociale.

Da un punto di vista neurobiologico questo non sorprende, poiché l’input uditivo viene trasmesso ad aree come l’ippocampo che degenerano nella demenza, e che subiscono rimodellamenti neurali in caso di perdita dell’udito o di acufene.

Il ruolo del sistema vestibolare

Ma anche il sistema vestibolare potrebbe avere un ruolo nel declino cognitivo. Molti studi, infatti, suggeriscono che le disfunzioni di questa parte dell’orecchio interno possano contribuire alla demenza, vista anche l’importanza del sistema vestibolare per le normali funzioni dell’ippocampo. La disfunzione vestibolare è infatti molto più comune nei pazienti con morbo Alzheimer rispetto ai pari età sani.

D’altra parte, isolare il contributo della funzione uditiva e della funzione vestibolare non è semplice. Alcuni disturbi otologici includono sia sintomi uditivi (come il tinnito) sia vestibolari (come la sindrome di Ménière).

C’è da considerare, poi, che i due sistemi sensoriali interagiscono con il sistema nervoso centrale, ed è pertanto quasi impossibile, in caso di danno otologico, distinguere nettamente i diversi ruoli del sistemi vestibolare e uditivo, se non in termini di tipi di informazioni sensoriali che forniscono aree del cervello come l’ippocampo. Inoltre, il trauma acustico, la seconda causa più comune di perdita dell’udito dopo la presbiacusia, può anche causare danni al sistema vestibolare periferico.

Conclusioni

Anche alla luce di queste considerazioni, l’autore ipotizza ci siano prove che suggeriscono che il danno vestibolare provoca disfunzioni cognitive, in particolare danni alla memoria spaziale, negli esseri umani, indipendentemente dall’ipoacusia.

Tuttavia, proprio per la difficoltà di distinguere i diversi contributi dei sistemi uditivo e vestibolare, sono necessari ulteriori studi e approfondimenti sui diversi tipi di disturbi vestibolari che includano lo stato dell’udito come variabile da misurare.