Ha ragione chi dice che da quando indossa la mascherina ha problemi di udito. È vero, ed è stato annoverato tra le conseguenze indesiderate. Anzi, un team di ricercatori della Hispanic Hearing Healthcare Access Coalition ha sottolineato in un articolo scientifico l’esigenza di affrontare il prima possibile l’ipoacusia “da mascherina”, al fine di trovare delle soluzioni.
«La mascherina provoca un rimbombo della voce, con un calo soprattutto nelle frequenze acute, che sono le prime a essere meno avvertite in chi ha un calo di udito», dice Alessandro Martini, già Direttore del dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Padova. «A questo si aggiunge la necessità di mantenere il “distanziamento sociale”.
Qui i calcoli ci dicono che l’intensità del suono, per chi ascolta, diminuisce di quattro volte per ogni raddoppio della distanza, per esempio se chi parla è a un metro da chi ascolta, rispetto a quando ci si parla a 50 centimetri».
La perdita dell’udito può essere considerevole: la diminuzione, come hanno sottolineato i ricercatori statunitensi dell’ospedale di Portland, può essere tra il 30 e il 58%. Va detto anche che proprio per cercare di sentire di più, istintivamente ci si avvicina a chi sta parlando, e si abbassa la mascherina, con un aumento dei rischi di contagio.
«Il problema va affrontato, soprattutto per quanto riguarda chi è ricoverato nelle RSA, in ospedale, oppure è in quarantena», continua il prof. Martini. «Il pericolo, infatti, è che non vengano ben comprese le indicazioni del medico e le terapie da seguire».
Aspetti psicologici da non sottovalutare
L’aggravamento dell’ipoacusia porta con sé anche problemi psicologici. «Siamo animali sociali, dotati di cinque sensi che lavorano in sinergia», interviene Francesca Santarelli, psicologo e psicoterapeuta di Milano.
«Nel nostro caso specifico, viene meno il suono, certo, ma non solo. Gioca un ruolo anche la vista perché non si vede la mimica del viso, coperta dalla mascherina e l’olfatto dal momento che anche il naso è coperto, cosa che impedisce il riconoscimento dell’altra persona. Tutto ciò causa un aumento dell’isolamento sociale e problemi psicologici che coinvolgono tutti, chi più chi meno, in base al proprio vissuto sociale e personale». Il rischio è quindi che la persona con problemi di udito, si isoli sempre di più, chiudendosi in una bolla, con conseguenze importanti in ambito cognitivo.
Che cosa fare allora? Di sicuro, la mascherina non si tocca. Va indossata, deve coprire accuratamente naso e bocca e deve essere mantenuta nei tempi e nei modi stabiliti dalle Istituzioni. E nessuna deroga anche alla regola relativa al distanziamento sociale, che va osservata con rigore.
«Sono state proposte mascherine (chirurgiche) con la zona della bocca trasparente e questa è una strategia in più che può aiutare», conclude il prof. Martini. «Non sono però ancora facilmente reperibili sul mercato. Di certo, medici e infermieri devono avere maggiori attenzioni quando si tratta di una persona over 60, se si accorgono che ha problemi di udito e a questo proposito, aiuta quantificare quanto le mascherine limitano il suono. Ad esempio, lo schermo protettivo, che in certi casi non si può fare a meno di indossare, crea una barriera sonora limitante».
Per questo, è necessario seguire alcune regole con chi soffre di ipoacusia.
Le regole da seguire
Bisogna rivolgersi a chi ha problemi di udito parlando lentamente, scandendo bene le parole e senza urlare.
Vale anche il consiglio di utilizzare una terminologia semplice e chiara, parlare mantenendosi di fronte all’interlocutore ed eliminare se possibile i rumori di sottofondo.
Sì anche a scrivere ciò che si spiega, nel caso di un colloquio tra medico e paziente.
Se infine si indossa l’apparecchio acustico, è utile usare i supporti ad hoc di gomma che agganciano i laccetti della mascherina dietro alla nuca, evitando che si accavallino al microfono e interferiscano con la qualità del suono.