Oggi, 4 Dicembre 2020, parliamo di

Quale strategia di fitting adottare per il miglior recupero della discriminazione verbale?

Nei soggetti con una compromessa capacità di discriminazione verbale è necessaria una strategia di adattamento dei parametri  personalizzata.

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Uno studio pubblicato su Trend in hearing da un gruppo di ricercatori danesi si è posto l’obiettivo di indagare gli effetti sulla discriminazione verbale nel rumore di differenti impostazioni nel settaggio dei parametri degli apparecchi acustici, in quattro gruppi di soggetti con ipoacusia neurosensoriale.

I quattro gruppi sono stati individuati coerentemente con i risultati del progetto di studio danese Better hEAring Rehabilitation (BEAR), il quale ha proposto una batteria di test audiologici allo scopo di raggruppare le caratteristiche soggettivamente diverse dell’ipoacusia: sei tipologie di test che misurano aspetti specifici relativi all’udibilità, alla discriminazione verbale, alle capacità di elaborazione binaurale, alla percezione dell’intensità del suono e alle sensibilità di modulazione spettrotemporale e risoluzione spettrotemporale.

Il progetto BEAR

Il progetto BEAR identifica due macroaree di “distorsioni uditive”: distorsione di Tipo I, correlata a una ipoacusia alle frequenze acute associata a una ridotta capacità di discriminazione verbale; distorsione di Tipo II, correlata ad una ipoacusia alle frequenze gravi, associata ad una anormale capacità della loudness. La presenza o assenza di queste due tipologie di distorsioni permette di identificare quattro cluster di soggetti:

  • Profilo A: poche distorsioni sia di Tipo I, sia di Tipo II;
  • Profilo B: marcate distorsioni di Tipo I;
  • Profilo C: marcate distorsioni sia di Tipo I, sia di Tipo II;
  • Profilo D: marcate distorsioni di Tipo II.

Coerentemente a questi profili, è stato ipotizzato che vi siano esigenze diverse in termini di elaborazione del segnale.

Per  esempio, gli utenti del profilo A potrebbero essere meno tolleranti nei confronti delle distorsioni “artificiali” introdotte dall’elaborazione degli apparecchi acustici mentre, al contrario, a causa delle loro “naturali” marcate distorsioni uditive, gli utenti del profilo C potrebbero essere più tolleranti e trarrebbero un maggior vantaggio da un rapporto segnale-rumore (SNR, dall’inglese Signal Noise Ratio) migliore; gli utenti del profilo B e D si trovano in una situazione intermedia.

Lo studio sull’ipoacusia neurosensoriale bilaterale simmetrica

Per lo studio danese sono stati arruolati 49 soggetti, di età media di 70,8 anni, affetti da ipoacusia neurosensoriale bilaterale simmetrica, avviati alla protesizzazione acustica da almeno 9 mesi. I partecipanti, in relazione alle caratteristiche audiologiche, sono stati così distribuiti: 12 soggetti nel profilo A, 10 soggetti nel profilo B, 19 soggetti nel profilo C e 8 soggetti nel profilo D.

È stato eseguito un test vocale di Speech in Noise con rumore cocktail party di competizione, in condizione di +2 dB SNR . Il segnale audio è stato presentato a 0° per determinare in modalità adattiva la Speech Reception Threshold (SRT) e a 0° e 90° per valutare la capacità di direzionalità. Tutti i segnali inviati sono stati amplificati in maniera lineare in base ai guadagni di prescrizione NAL-NL2 per un livello di ingresso di 65 dB SPL, calcolati individualmente per ogni soggetto reclutato.

Le distorsioni del segnale attuate dagli apparecchi acustici, prese in considerazione nello studio, sono state:

  • Direzionalità dei microfoni: in condizione binaurale omnidirezionale e in condizione direzionale fisso;
  • Riduzione del rumore, in tre diverse impostazioni: spento (0 dB), lieve (5 dB) e forte (15 dB);
  • Compressione in guadagno in due impostazioni: veloce (tempo di attacco a 5 ms e tempo di rilascio in 10 ms), lenta (tempo di attacco 250 ms e tempo di rilascio a 1.250 ms).

I risultati emersi hanno dimostrato che l’amplificazione lineare ha consentito soltanto agli utenti del gruppo A e D di raggiungere la SRT a 0 dB SNR, gli utenti del gruppo B e C raggiungevano la SRT ad un livello di SNR chiaramente più elevato. Tuttavia, sono state riscontrate performance simili in utenti del gruppo A, B e C, accomunati da una  morfologia simile della curva audiometrica, suggerendo che le differenze di raggiungimento della SRT sono dovute sostanzialmente a capacità che vanno oltre la semplice perdita uditiva. Le capacità di raggiungimento della soglia di SRT nel gruppo B e C dipendono da altri fattori non strettamente legati alla perdita uditiva, come la capacità di elaborazione temporale che, a sua volta, risulta essere legata alle prerogative dell’udito binaurale.

Dunque, in generale, il raggruppamento dei soggetti in quattro profili uditivi ha avuto uno scarso effetto rispetto ai risultati sperati, anche se ha permesso di individuare che nei soggetti con una compromessa capacità di discriminazione verbale è necessario adottare una strategia di adattamento dei parametri  “non standard”, ma al contrario quanto più aderente possibile alle caratteristiche soggettive dell’ipoacusia.

Infatti, un efficace adattamento protesico richiederebbe la personalizzazione dei parametri avanzati, come i settaggi dell’algoritmo gestione voce/rumore, della direzionalità dei microfoni e della compressione dinamica e non la “banale” modifica del guadagno.

Conclusioni

Appare chiaro che la complessità dei moderni apparecchi acustici da una parte potrebbe tradursi in un efficace strumento terapeutico-riabilitativo, grazie alle numerose possibili combinazioni di elaborazione del segnale, ma dall’altra potrebbe trasformarsi in un potenziale pericolo, dal momento che non vi sono delle linee guida univoche su come combinare le funzionalità di questi parametri avanzati.

Sempre più studi dimostrano che una maggiore chiarezza in tale direzione potrebbe provenire dalla migliore conoscenza dei deficit dell’elaborazione spettrotemporale proprie dell’udito binaurale, le quali sono sempre più chiamate in causa nella capacità di discriminazione verbale in competizione.